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2.1.7 La colpa tedesca

Nella primavera dell’anno 2000 il governo tedesco stanziò la somma di cinque miliardi di euro quale risarcimento alle vittime dei lavori forzati dell’epoca nazista. Non interessa sapere se siano pochi o tanti, se sia stata una scelta giusta o sbagliata, ma chiarire da dove vengano quei miliardi e per quale ragione la Germania li stia pagando. La vista di qualcuno che consegna del denaro a qualcun altro non dice nulla, in se stessa, circa le relazioni tra i due, può trattarsi di qualsiasi cosa: prestito (magari a usura), pagamento, restituzione, regalo vero, regalo apparente, investimento e così via. Nel caso della Germania la ragione è evidente, essa cerca di saldare un conto, cui nessuna forza politico-militare oggi la obbliga, rispetto ad un debito morale contratto nel passato. Quei miliardi dunque vengono dal passato (il famoso “Passato che non passa”) e la ragione per la quale vengono pagati è che sulla Germania grava un debito morale, che il popolo tedesco si riconosce responsabile di vessazioni e sfruttamenti. Non è un caso che l’Ente che gestisce i risarcimenti si denomini: “Memoria, Responsabilità e Futuro”. 

Pochi mesi dopo la fine della seconda guerra mondiale Karl Jaspers poneva a se stesso e ai suoi concittadini una serie di interrogativi incentrati sulla natura, il significato e le conseguenze di quella colpa di cui il suo paese veniva imputato.18 Egli assume la questione della colpa in quanto lo richiede “la nostra dignità di uomini ...()… la nostra appartenenza all’umanità”. Distinguendo tra colpa giuridica, politica, morale e metafisica, egli ammette che solo quella politica sia assegnabile ad un collettivo, mentre le altre trovano imputato il singolo. D’altra parte “Ogni tedesco fa un esame di se stesso: qual è la mia colpa?” e si vede allora che il problema si pone in quanto “si è tedeschi”, dunque in quanto si appartiene a quella collettività (storia-lingua-cultura). Le generazioni tedesche viventi pagano oggi per colpe di ieri delle quali non sono responsabili perché sono ormai pochi i tedeschi cui possa essere imputata una qualche responsabilità in quegli eventi, nondimeno tutti pagano come se tutti fossero colpevoli. Si ritiene anzi che quella cifra, che pure si somma ad altre versate ad esempio ad Israele, sia assolutamente sproporzionata, irrisoria rispetto al debito reale e che valga solamente come atto simbolico, ma è accaduto che, proprio sulla base di questa considerazione, quello stanziamento abbia suscitato irritate reazioni da parte di coloro che lo hanno letto come un tentativo di sdebitarsi di un debito in realtà insolvibile. Quasi un tentativo di rendersi innocenti

Questa reazione è molto significativa perché dice che per un certo aspetto è preferibile (dal punto di vista di qualcuno) che il debito tedesco resti completamente da saldare piuttosto che i tedeschi se ne sentano liberati. Si noti che nessuno di quei critici ha definito l’ammontare del debito materiale che dovrebbe essere pagato a saldo né cosa i tedeschi dovrebbero fare per liberarsene definitivamente, l’obbligazione non ha un ammontare definito, non è quantificata, proprio come era facile sospettare. La colpa tedesca però non è altro che un caso particolare di una intera classe di fenomeni e ci si può chiedere, dal momento che ci occupiamo del conflitto tra i sessi, di chi veramente sia quella colpa, se dei maschi o delle femmine. Che la responsabilità per il passato nazista sia esclusivamente maschile è ancora una tesi troppo inverosimile per essere sostenuta, nondimeno è esattamente quel che la GNF afferma ed in piena coerenza. La Germania nazista non è stata che uno degli infiniti luoghi nei quali i maschi hanno avuto tutto il potere e quindi tutta la responsabilità.

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