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3.3.13 Molestia presunta

La presunzione di innocenza e l’onere per l’accusa di provare la colpevolezza dell’imputato costituiscono un principio fondamentale della civiltà giuridica, da nessuno criticato e da tutti difeso. Nel giugno del 2001 l’Unione Europea ha approvato una direttiva che demolisce tale irrinunciabile principio suggerendo agli Stati membri di modificare le leggi prevedendo l’inversione dell’onere della prova: dovrà essere l’accusato a provare la sua innocenza, non più la donna a dimostrarne la colpevolezza. Qualcosa di stupefacente che però fu anticipato in Italia dalla legge istitutiva delle Consigliere di Paritài la quale già stabiliva che le loro denunce godessero di quell’inversione. E’ il denunciato che deve provare l’inesistenza di ciò di cui viene accusato e cioè che il fatto non è avvenuto, ma poiché quel fatto è rappresentato dal vissuto femminile quel che gli si chiede è di dimostrare che la donna non ha provato quel che in effetti provò. Se non lo leggessimo sulle gazzette ufficiali sembrerebbe una invenzione folle e provocatoria. 

L’intera Europa, madre della civiltà giuridica (si dice), ha formalizzato questa sbalorditiva realtà invertendo l’onere di una prova che non può più essere data. E’ la donna che stabilisce di volta in volta, e sempre dopo, se il comportamento maschile era gradito e quindi degno e legittimo o, viceversa, spregevole e illegittimo. Nelle sue mani, nel profondo del suo cuore giace la decisione sulla vergogna e la bancarotta degli uomini. La normativa europea ha dunque fatto chiarezza rendendo luminosa una verità che non può essere creduta neppure da coloro che ne fanno le spese. Noi stessi.


i D.Lgs. 23.05.2000 n. 196, art. 8, comma 6. Le Consigliere di Parità sono istituite in ogni provincia sotto un coordinamento regionale e con sede centrale presso il Ministero delle Pari Opportunità. Agiscono nella veste di pubblici ufficiali, sono parzialmente retribuite e, se dipendenti, godono di permessi e facilitazioni.

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