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3.2b.5 L'errore

L’azzeramento del valore di una persona o di una collettività può assumere svariate forme ed esprimersi in mille modi. La si può colpire direttamente e, per così dire, in toto, ma anche indirettamente e di lato attraverso la denigrazione e la diffamazione dei suoi modi di fare, delle sue qualità e delle sue determinazioni, attraverso la squalifica dei modi con i quali essa si manifesta e sta nel mondo. Per far ciò è necessario demolire sin dall’origine i presupposti sui quali la sua azione si fonda e nel caso degli uomini questi sono, tra l’altro, il coraggio e l’amore per il rischio e con essi la sconfitta e l’errore che li seguono necessariamente. Denigrare lo sconfitto e squalificare l’errore dovevano essere due percorsi obbligati, due opzioni irrinunciabili. Eccone il tracciato.

Tutte le istituzioni, le opere d’arte, le invenzioni, le conoscenze sono frutto di una creazione o di una successione di atti creativi che ne hanno plasmato la forma. Ogni creazione ed ogni scoperta si presentano al vaglio del mondo in competizione con ciò che già esiste (oggetti, tecniche, istituzioni, costumi, idee, gusti, conoscenze) e nessuno è mai in grado di predeterminare se una creazione sarà apprezzata, diffusa e conservata o, viceversa, misconosciuta e rigettata. Anche la natura agisce in questo modo perché è il solo di cui disponga, ogni nuova forma vivente è una scommessa perché non è possibile sapere a priori se sopravviverà. Per ogni romanzo di successo novantanove fallimenti, su cento esploratori novantanove morti, un numero esorbitante di sconfitte dietro ogni vittoria. Le erbe cattive, i funghi mortali, i serpenti velenosi sono stati individuati dopo che qualcuno ha fatto le spese di quegli incontri. Se si sapesse dove trovare non si cercherebbe, se si conoscesse la soluzione non la si cercherebbe. Niente di più ovvio e stucchevole eppure è contro questa banale verità che parla la GNF per la quale vale invece il principio secondo il quale si ottiene ciò che si vuole, si trova ciò che si cerca, per la quale l’errore non è ineliminabile ma è frutto di una volontà cattiva. Di qui la necessità di liquidare il rischio come costruzione, come ossessione, come follia maschile: la “Cultura del rischio”. Coraggio, spreco, sovrabbondanza, rischio, scommessa, perdita, sconfitta e morte sono elementi necessari di ogni creazione, sostantivi questi che appartengono tutti alla polarità maschile perciò è su di essi che si deve puntare per quella erosione del valore degli uomini che li deve condurre verso l’era dell’Insenso. 
 
La GNF assume che infinite risorse siano sprecate perché “si cerca nella direzione sbagliata” ed è sbagliata perché il governo del mondo è in mani ministre di una volontà orientata al male. Secondo la GNF l’idea stessa di rischio e la sua esistenza sono un costrutto della cultura maschilista. Si ragiona infatti così. Se la vita umana fosse considerata un valore e quindi si investissero risorse adeguate nella prevenzione, i rischi potrebbero essere tutti eliminati. Ne è riprova il fatto che essi sono andati via via diminuendo tanto nel mondo del lavoro come pure nelle abitazioni e persino sulle strade. Ad esempio in Italia il numero dei morti sulla strada è quasi la metà oggi, con 34 milioni di auto, di quel che era trent’anni fa con un terzo delle vetture. Considerazione perciò ragionevolissima, al pari di infinite altre, il cui senso e scopo è l’attribuzione al sistema maschile della causa, e quindi della colpa, degli incidenti in ogni ambito della vita e il cui effetto è l’azzeramento del valore del prezzo pagato per quei rischi. Tentando perciò di mettere sul piatto della bilancia questo loro contributo, gli uomini giocano ancora una volta una carta contro se stessi. Dal momento che i rischi possono essere via via ridotti, come è provato dai fatti, se ne ricava che possono essere totalmente eliminati e la società femminista prefigura infatti la fine di ogni pericolo. Essi nascono dalla “Cultura del rischio” formula che, e non poteva essere diversamente, forma il titolo di un saggio femminista.i

i L. G. Di Cristofaro, Il sorpasso, dal mito del rischio alla cultura della sicurezza, Guerini e Associati, 2002.

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