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3.2.7 Autoriproduzione femminile

La liberazione economica del genere femminile dal contributo maschile non è ancora sufficiente a segnare la fine del bisogno reciproco, benché ormai squilibrato. Sin quando per fare figli fosse stato necessario l’intervento maschile questo bisogno avrebbe spinto le donne   volenti o nolenti   a frequentare gli uomini. L’ovvietà di questo fatto non ci esime dal segnalarlo. Le Amazzoni, si sa, non frequentavano gli uomini se non per ragioni riproduttive e, quanto ai figli maschi, li cacciavano via al raggiungimento della maturità sessuale. Questo mito, che rappresenta un sogno profondo ed inconfessabile del genere femminile, ha descritto una possibilità che la società postindustriale ha reso attuale e praticabile. Ma l’evolversi delle cose, l’espansione senza fine del processo scientifico e delle sue applicazioni ha aperto, sul finire del XX Secolo, un’altra inaudita possibilità che è ormai prossima a diventare realtà, l’autoriproduzione femminile attraverso la clonazione.

Con le banche del seme   prima trovata dell’industria del settore   e la riproduzione assistita, con tutte le sue stravaganti combinazioni e possibilità, si aprì l’era dell’indipendenza riproduttiva femminile, benché nei fatti solo in via prospettica ed a valere   in sostanza   sul piano simbolico dato il limitato ricorso a quelle tecniche a livello di massa.i Ma questo è in realtà irrilevante. La visione delle cose, la rappresentazione del mondo e la modifica delle scale di valori non hanno bisogno dell’effettivo verificarsi di un fenomeno per produrre rivoluzioni in quanto basta la percezione di una nuova possibilità per modificare l’intero quadro del mondo. Possibilità diverse creano prospettive diverse e incidono immediatamente sui valori e sui comportamenti.

Con le banche del seme la dipendenza dal genere maschile nel suo complesso permaneva ma scompariva quella dal singolo maschio e, quel che più conta, la riproduzione poteva finalmente essere avviata senza il contatto fisico con un uomo. E’ vero che per lo più essa fu ed è utilizzata da donne che hanno difficoltà nel concepire o che sono unite a uomini sterili, ma l’era della separazione tra incontro fisico e riproduzione era ormai nata. Al sesso senza riproduzione (contraccettivi) si aggiunse così la riproduzione senza sesso, la partenogenesi. Si trattò di un evento capitale, di una cosa mai vista sulla faccia della Terra.

Questa possibilità ha collocato virtualmente le donne occidentali nella condizione di poter partorire da vergini e benché pochissime sin qui lo abbiano fatto, il valore simbolico, il significato epocale di questa possibilità si colloca nel punto più alto del sistema di Senso degli uomini e pende su di loro come una paurosa minaccia che sinora è stata radicalmente rimossa. Lo sviluppo della tecnica ha dunque reso virtualmente possibile la realizzazione piena del sogno amazzone, persino nella sua parte ‘non sognata’ sostenersi senza contributo maschile ma anche, e finalmente, riprodursi senza contatto con gli uomini. L’era della partenogenesi si aprì dunque alla fine del XX Secolo nel momento in cui alla scomparsa del bisogno economico si aggiunse la fine di quello riproduttivo.

Ma un’altra possibilità doveva ancora manifestarsi, straordinaria e strepitosa, la clonazione, riproduzione geneticamente inalterata di un individuo, che permette alle donne non solo di generare senza contatto fisico con il maschio ma anche senza il liquido seminale maschile. Due sono allora le conseguenze non meno rivoluzionarie delle precedenti. Ora viene meno non solo la necessità del rapporto sessuale ma persino quella dell’impiego del seme, insomma l’Altro è finalmente escluso alla radice e in toto dalla riproduzione. Così mentre la fecondazione assistita e l’impiego del seme anonimo creano bensì la partenogenesi, ma confermano la necessità biologica del genere maschile, la clonazione rende invece superfluo anche questo e apre l’era di quella che deve essere chiamata Autogenesi femminile del Mondo. Il genere maschile viene tagliato fuori dalla riproduzione in modo radicale e definitivo.ii La seconda conseguenza è che ora la donna può riprodurre se stessa talis et qualis, può autoriprodursi nel senso più preciso del termine creando una copia esatta del suo corpo nella quale non entra un solo gene che non le appartenga. Può replicarsi senza contaminarsi con gli uomini,iii tanto che, per evidenziarne il peso sul piano etico-simbolico, quel procedimento dovrebbe esser definito auto clonazione, perché solo in tal modo si rende palese la prospettiva autoreferenziale che ne sta alla base.

L’inizio del XXI Secolo apre dunque l’era dell’autogenesi femminile e, se l’unione dei due nella generazione naturale era chiamata amore, con conseguente estensione quella che si è aperta dovrà d’ora innanzi denominarsi era dell’Autoamore femminile. Non si può non segnalare la straordinaria vicinanza di questa condizione a quella figurata dalla mitologia e che si riferisce ai momenti ancestrali della psicologia collettiva. Il parto autogenetico non può che essere il frutto di un atto auto-erotico, di un gesto primordiale di auto amore operato da quell’essere archetipico che siede, contemplando se stesso, sul trono dell’autosufficienza, l’Uroboros, simbolo universale dell’autonomia cosmica del femminile. Ecco come si esprime Erich Neumann: “Questa masturbazione simbolica …()... è l’espressione dell’autonomia e dell’autarchia dell’Uroboros che genera in se stesso, ingravida se stesso e partorisce da se stesso”.iv Non è ancora tutto.

Poiché il clone è la replica genetica della clonanda e quindi ne conserva i caratteri sessuali, la clonazione femminile ha come esito la generazione di un’altra femmina. Con questa operazione la singola donna genera un’altra donna e l’intero genere femminile può sognare di rigenerare se stesso senza alcuna alterazione. La clonazione promette dunque intangibile eternità a questa forma vivente. Nel breve volgere di mezzo secolo le donne hanno dunque conquistato l’autonomia economica e quella riproduttiva in forza dello sviluppo autonomo della tecnica. Se si considera che essa società è stata una creazione degli uomini si può quasi affermare che i maschi stessi, in un processo autolesionista di proporzioni epocali, abbiano creato con le loro mani e al prezzo di incalcolabili costi le condizioni di quella che   per quanto ne sappiamo   potrebbe trasformarsi nella loro definitiva rovina. Sono dunque venuti meno due fattori decisivi nell’equilibrio del bisogno, due condizioni che da sempre avevano costretto le donne a convivere con gli uomini, a prendersi cura di loro ed a fare del sesso, volenti o nolenti. A fronte di questo sconvolgimento il bisogno maschile delle donne non ha subìto alcuna diminuzione da nessun punto di vista, esso è della stessa natura e della stessa radicalità di quel che sempre fu e che, verosimilmente, sempre sarà. A cosa servono gli uomini?

i La recente legge italiana (11.12.2003) impedisce ora la quasi totalità di questi funambolismi della tecnica. “Un parlamento composto al 90% da uomini ha varato una legge che offende le donne”, commenta Oliviero Diliberto segretario del PdCI, “La Repubblica”, 12.12.2003, p. 3.
ii Il primo embrione prodotto senza spermatozoi è stato “generato” in Australia nell’estate del 2001 presso la Monash University di Melbourne. Tra gli altri vedi “Il Centro”, 11.07.2001, prima pagina.
iii “….solo una collaborazionista può abbassarsi ad una simile ignominia”, il rapporto sessuale, in P. Bruckner, La tentación de la inocencia, op. cit, p. 172.
iv E. Neumann, Storia della origini della coscienza, op. cit., p. 264. Corsivo mio.

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