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2.3.17 Tabù e sangue mestruale

Il sangue mestruale è al centro in quasi tutte le culture di una serie infinita di tabù, di interdizioni, spesso, ma non sempre, a sfondo sacrale, di divieti e proibizioni più o meno significative per la vita collettiva. Ad esso viene riconosciuto un potere che deve essere controllato, limitato, combattuto, ma anche usato, gestito, orientato verso scopi e funzioni utili. Il mestruo - e la donna mestruata - venivano considerati portatori di una energia per lo più negativa, ma talvolta semplicemente misteriosa, ambigua, né buona né cattiva, suscettibile di essere diretta in varie direzioni e letta sotto diversi simbolismi. Ad esso veniva attribuita la capacità di incrementare il potere magico della donna sia in direzione benigna che maligna, di qui il suo peso tanto nei filtri d’amore quanto nella stregoneria. In molte culture ad esso veniva attribuito tra l’altro il potere di colpire la virilità, di ridurre le energie maschili, di rendere gli uomini stupidi o addirittura irrimediabilmente empi. Alla donna mestruata veniva vietato qui l’accesso ai campi, là l’entrata al tempio, altrove certe mansioni o attività. 

L’attribuzione pressoché universale al potere del mestruo di un carattere sostanzialmente negativo, pauroso, oscuro, talvolta terribile ed esiziale è ovviamente assegnata alla cultura maschilista, tanto che i tabù ad esso associati (ed allo stesso modo alla donna gravida, al parto ed al puerperio) costituiscono casi più che emblematici dell’universale disprezzo delle donne e della loro fisiologia, un capitolo di quella storia di subordinazione e di dannazione che la GNF elabora e ricorda alle generazioni maschili, un tassello di quel passato che non deve passare.

La lettura sostanzialmente negativa di quel potere non esclude però che di un potere si tratti e non vi è ragione per non rovesciare il senso di quella interpretazione per fondare su di esso - insieme ad altri elementi e fattori - il principio di una forza, l’origine di un valore che le donne hanno anche gestito sul piano simbolico come fondamento della loro potenza. 

L’interdizione viene descritta come una creazione maschile che nasce dal e conferma il carattere di inferiorità della donna ma vi è anche un’altra lettura la quale fa invece risalire alle donne la creazione di molti divieti connessi al mestruo e non è difficile capirne la ragione, un tabù che mi impedisce certe attività coincide precisamente con una norma che mi consente di evitarle. L’accesso al Tempio può essere un diritto ma anche un dovere cui non posso sottrarmi pena sanzioni sociali che non posso evitare. L’attività economica - coltivazione dell’orto e dei campi, cura della casa - rappresentano al tempo stesso dei diritti ma anche dei doveri, perciò una qualsiasi regola che mi permetta, almeno periodicamente, di sottrarmi a quegli obblighi non solo non mi danneggia, ma anzi mi giova e mi avvantaggia. Un tabù che impedisca agli uomini di avvicinarmi sessualmente per una settimana al mese mi libera dai rapporti sessuali per quasi un quarto del tempo. Ora, benché i tabù non nascano a tavolino - come invece lascia credere la GNF - non si può escludere che quelli connessi al mestruo siano stati elaborati dalle femmine a propria difesa per garantirsi in pari tempo una riduzione o sospensione periodica degli oneri socio-famigliari ed una separazione psico-emotiva e fisica dal mondo maschile. Anzi, se si considera quale sia stata e sia la vita sessuale delle donne in tutte le società pre-femministe (quali la GNF descrive) diventa più che credibile che fosse nel loro interesse allontanare da sé gli uomini di cui erano meri oggetti sessuali. Cosa guadagnano infatti i maschi da un tabù che proibisca la vita sessuale? Il vantaggio sta tutto dalla parte delle donne. Ora, il solo modo per allontanare qualcuno da qualcosa che desidera consiste nel rappresentargliela come cattiva, sporca e nociva e tanto più pericolosa quanto più grande è il desiderio che quel qualcuno ne ha, se poi si riesce a convincerlo che toccandola muore, allora si è certi di ottenere lo scopo.

Questa seconda interpretazione ha però due svantaggi, non è usabile come strumento di colpevolizzazione degli uomini e minaccia di smentire un assunto fondamentale della GNF direttamente correlato al dogma dell’eguaglianza naturale tra i Generi, quello della ‘Parità Ormonale’ che si riferisce alla sfera sessuale. Rappresentare la condizione di inavvicinabilità della mestruata come creazione femminile finalizzata anche ad evitare i rapporti significa suggerire surrettiziamente che la vita sessuale, dal punto di vista femminile, più che un piacere sia un onere cui è bene sottrarsi almeno periodicamente. Si tratta di un’interpretazione che il femminismo non può però prendere in considerazione nemmeno come ipotesi, eppure, che sia più che verosimile lo conferma Clarissa Estés nel suo Donne che corrono coi lupii dove afferma appunto che i tabù correlati al mestruo hanno avuto proprio questa origine ma ne mette in luce la sola conseguenza sul piano delle attività economiche e rituali glissando sulla inibizione dei rapporti sessuali che pure sempre li accompagna. Come se vi fosse un tabù diverso, moderno ed insondabile da proteggere, quello della Parità Ormonale. 

i C. Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi, Frassinelli, 1993, p. 286. Sull’origine femminile del tabù (al tempo stesso affermata e negata nella letteratura femminista) vedi anche E. Neumann, La Grande Madre, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1981, p. 289.

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