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3.3.20 La costruzione delle statistiche

Le statistiche sul male patito dalle donne si fondano sulle denunce formali (alla polizia) o su interviste cui si aggiungono le lettere alle riviste femminili e l’esperienza degli psicoterapeuti, il tutto incentrato sul vissuto femminile a prescindere da ogni riferimento oggettivo, da ogni distinguibilità da parte di terzi del fatto ed ovviamente dalle intenzioni maschili. Ecco la struttura tipica di quelle indagini che periodicamente vengono presentate dai media. Il numero delle maltrattate è dato dalle donne che rispondono affermativamente a domande del tipo: “Le è mai accaduto di...” “Si è mai sentita...” “Le è successo almeno una volta...” “In certe occasioni è capitato che si sentisse...” . Quanto a ciò che “è accaduto” il riferimento va a termini tanto psicologicamente significativi quanto evanescenti ed onnicomprensivi: “...derisa...” “...svalutata...” “..offesa...” “...inascoltata..” “..discriminata...” “...forzata...” “ ...controvoglia...” e così via. Poiché è impossibile che una donna (che una qualsiasi persona) non si sia sentita, almeno una volta in vita, derisa, trascurata, fatta oggetto di attenzioni non desiderate, in qualche modo ferita, sminuita, strumentalizzata, il quadro finale darà sempre quote elevatissime di donne offese, oltraggiate, umiliate, abusate, molestate e stuprate. Necessariamente. 

Ovviamente simili indagini non vengono realizzate sugli uomini ma se anche accadesse i risultati non sarebbero comparabili. Per denunciare un male bisogna sapere che esiste e percepirlo ed oggi nessuno è in grado di dire in cosa consisterebbe un oltraggio ad un uomo. La violenza femminile è indiretta e invisibile, impalpabile e vaga, come individuarne i contorni? Per denunciarla poi sulla sola base del proprio sentire bisogna prescindere dalle intenzioni altrui definendo mali sia quelli inferti con evidente malafede sia quelli provocati contro la volontà della stessa autrice, ma i maschi, ancor oggi, prima di denominare male ciò che subiscono lo passano inconsciamente al vaglio delle possibili intenzioni femminili sottraendo dalla somma quella parte che la donna, presumibilmente, non voleva procurare. Le donne invece, rieducate dal femminismo, hanno imparato a prescindere dalle intenzioni maschili, ed anzi, come abbiamo visto, hanno appreso a ricostruirle. Gli uomini non denunciano né le violenze patite in famiglia né alcun altro male che subiscono e non si permettono di ricostruire a proprio uso e consumo le intenzioni femminili. Chi intendesse denunciare qualcosa è congelato dalla certezza di essere ridicolizzato e deriso, e come se non bastasse, non è raro (negli Usa) che quando un maschio chiama la polizia perché aggredito dalla moglie gli accada di venire arrestato. Il conto non tornerebbe alla pari nemmeno se offese e maltrattamenti subiti dai maschi fossero il triplo di quelli patiti dalle femmine. La violenza ha un solo nome.

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