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2.7.1 Senza peccati

“Chi tra di voi è senza peccato scagli per primo una pietra contro di lei”, fu questa la sfida vincente che Cristo lanciò ai lapidatori dell’adultera, un colpo da maestro fondato sulla considerazione che chi condivide una colpa non è in grado di giudicare il correo perché la sua condizione morale non glielo consente.i Dire ‘condizione morale’ significa dire ‘condizione psicoemotiva’, stato psicologico che determina la nostra relazione con il mondo. Il colpevole non può giudicare perché non sta in posizione sovraordinata rispetto agli altri, realtà psicologica vera oggi come duemila anni fa. Per essere psicologicamente sovraordinati bisogna essere innocenti, da questo fatto banale scaturisce la necessità femminista di proclamare l’innocenza universale delle donne, operazione che non presenta altra difficoltà se non quella di sollevare costantemente il sospetto che esse, innocenti nel passato e nel presente, innocenti qui ed in ogni altro luogo, innocenti sotto ogni aspetto siano tali in quanto semplicemente irresponsabili al pari dei bambini, come asserivano certi filosofi e come sospettano ancor oggi molti uomini, ipotesi comprensibilmente considerata oltraggiosa e sessista. 

Questo è dunque il solo problema che si para innanzi alla GNF nel proclamare l’innocenza femminile, difficoltà che può essere superata tramite le infinite vie che il linguaggio offre per nascondere le contraddizioni che disturbano e che non devono apparire.ii Per il resto, niente di più facile; partendo dall’assunto che detiene il vero potere colui che ha le mani su spada, borsa, libro e poltrona la conclusione viene da sé; la visione tradizionale del potere inchioda i maschi alla loro colpa mentre istituisce la correlata innocenza delle donne e fonda la loro supremazia morale, e cioè, nei termini dell’aneddoto evangelico, conferisce loro il diritto di lapidare gli uomini.

i Gv 8,7-8.
ii “Abbiamo un linguaggio di una doppiezza affascinante, permette cioè di imbrogliare costantemente.” così H. von Forster in Sistemi che osservano, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1987, p. 32.

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