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3.6.4 Disparità logica

La negazione della differenza di desiderio-bisogno è parte centrale del canone femminista e nessuno è autorizzato a contrastarla. Si tratta di un principio che guida l’educazione delle nuove generazioni femminili e che si insinua in tutto il sistema etico vigente ad onta del fatto che ogni uomo ed ogni donna ogni giorno sperimentino direttamente quel divario e ne vedano attorno a sé le conseguenze, positive e negative, in tutti gli ambiti ed i momenti della vita. I negatori di quella verità femminista sono soliti presentare, a sostegno della loro tesi, una gran quantità di esempi tratti dal mondo animale ma il ricorso all’etologia quale strumento di fondazione del diritto maschile alla difesa delle proprie determinazioni è una operazione che sta tra l’inutile e il dannoso. La ricerca di una disparità nella pulsione sessuale tra gli animali può esser sostituita in modo decisivo dalla domanda relativa alle condizioni che avrebbero imposto all’evoluzione di sviluppare nei due sessi lo stesso grado di desiderio, la stessa pressione del bisogno. La risposta è immediata e disarmante: non vi è alcuna ragione evolutiva che porti alla creazione di un simile equilibrio in quanto non vi è alcuna necessità epistemologica che ciò avvenga. L’equilibrio del desiderio di sesso tra i due potrebbe essere solamente effetto del caso non mai un prodotto della necessità e la ragione è evidente. In qualsiasi specie sessuata vi è sempre bisogno che due individui di sesso diverso si incontrino ma non vi è alcuna necessità che l’accoppiamento in quanto tale sia desiderato in egual misura da entrambi. 

Un incontro di qualsiasi genere avviene quando le parti si avvicinano reciprocamente, certo, ma anche quando una delle due sta ferma in attesa di essere raggiunta, anzi, può verificarsi anche se uno dei due fugge purché colui che insegue sia più veloce del primo, di più, l’incontro può avvenire anche se una delle due parti lo trova addirittura fastidioso e molesto purché venga compensato da altri benefici. La costruzione evolutiva dell’incontro intimo tra i due sessi non ha avuto bisogno di nulla di più che della creazione di un fortissimo desiderio in una parte e della semplice passiva disponibilità nell’altra, compensata però da differenti utilità. La parità ormonale non è una necessità evolutiva. 

Benché sia stata da tempo superata l’idea ingenua secondo la quale tutto ciò che caratterizza un essere vivente è frutto necessario di un adattivismo rigido e implacabile che nell’evoluzione avrebbe filtrato e cancellato tutto il dannoso e l’inutile lasciando solo l’indispensabile, resta vero che la natura non ha avuto alcun bisogno di parificare il desiderio sessuale per garantire la riproduzione della specie. Dal fatto che la “parità ormonale” non è necessaria non si può dunque concludere che sia anche impossibile ma si deve riconoscere che se si è sviluppata e si è conservata ciò è dovuto solamente ad eventi altamente improbabili. Ora, disparità e diversità dei bisogni costituiscono la fonte di ogni tipo di scambio ed anche la ragione di furti e rapine perché io rubo solamente ciò che l’altro non vuole darmi, in caso contrario non posso diventare ladro. La specie umana è quella nella quale il raggiungimento dell’autonoma capacità di sopravvivenza avviene più tardi ed in cui la cura dei piccoli dura più a lungo, a tal fine, prima dell’avvento della società postindustriale (e cioè da sempre), la necessità della presenza e del contributo economico maschile era fuori discussione e in quel contesto il piacere sessuale formava una grossa parte dei motivi di legame tra i due come è universalmente riconosciuto. 

Ma come per il verificarsi dell’incontro non vi è alcun necessità che il desiderio sia equivalente così anche per il mantenimento della relazione (un incontro che dura nel tempo) non è necessario che entrambe le parti traggano vantaggi e benefici dello stesso genere. Quella disparità ormonale che non impedisce l’incontro isolato non impedisce nemmeno una duratura convivenza, sin quando alcuni bisogni femminili essenziali possono essere soddisfatti solamente dai maschi. Dal punto di vista strettamente evolutivo la presenza di un forte squilibrio nel bisogno sessuale offrirebbe anzi un grande vantaggio alla specie perché costringerebbe i maschi ad offrire alle femmine, in cambio del sesso, utilità e benefici i più diversi, tutti derivanti dalla loro azione, da quella loro vitalità ed attività che per essi è sempre possibile in quanto liberi da gravidanze ed allattamento ed in conseguenza della loro prestanza fisica. Un fortissimo divario nel desiderio li costringerebbe a dedicarsi senza interruzione ad attività di invenzione e costruzione, di scoperta e creazione di beni materiali ed immateriali da offrire alle femmine in cambio del sesso. Trasferito su un piano universale ed esteso per millenni, un simile processo avrebbe portato i maschi a creare e costruire non più solo singoli oggetti o opere particolari ma ad edificare intere civiltà quali grandiosi corrispettivi da offrire alle femmine in cambio del coito. Questo divario porrebbe le femmine nella condizione di coloro che possono accettare o rifiutare quelle creazioni, le costituirebbe cioè nel profondo giudici delle azioni degli uomini che, da quella prospettiva, non sarebbero altro che macchine da reddito, strumenti il cui valore è dato dalla capacità di produrre, di difendere e di garantire sicurezza, ricchezza e prestigio. Di più, su un orizzonte storico onnicomprensivo, il genere femminile sarebbe non solo il giudice del valore dei singoli beni ma anche di intere civiltà, quelle che gli uomini appunto avrebbero costruito in cambio del sesso e si potrebbe allora immaginare che, tra tutte quelle esistite, la migliore dal punto di vista femminile sia proprio quella che ha finito con il garantire alle donne sia l’indipendenza economica che l’autoriproduzione virginale, precisamente quella occidentale e qui troverebbe un principio di spiegazione la volontà femminista di estendere al mondo intero le conquiste delle donne occidentali attraverso quella “globalizzazione buona” che ne costituisce l’obiettivo. Non esiste dunque alcun impedimento a che l’attività sessuale rappresenti il fine per una parte ed uno strumento per l’altra, anzi una simile disimmetria non è priva, almeno potenzialmente, di grandi vantaggi evolutivi. Se le cose stessero così ne deriverebbe una profonda diversità nella natura del reciproco interesse, ai maschi interesserebbe ciò che le donne sono, a queste ciò che gli uomini hanno, agli uni il corpo femminile, strumento di piacere, alle altre l’anima dei maschi, la loro vitalità fonte della creazione e della costruzione della cornucopia dei beni materiali e spirituali. Le une amerebbero sentirsi dire ‘bella’ gli altri ‘bravo’ come abbiamo congetturato innanzi partendo da altro versante. La parità ormonale non serviva alla Natura e infatti, se esistesse tra i due un profondo divario nel desiderio, molte cose troverebbero spiegazione semplice ed ovvia.

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