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2.3.13 Divorzio

Benché l’istituzione del divorzio debba essere considerata da tutti un grande avanzamento della civiltà giacché si tratta “…di una conquista di noi donne”,i le singole separazioni non sono ancora considerate un bene, ma un male minore, una scelta che sarebbe meglio (si dice) non dover mai fare, ma che in ogni caso, al pari di qualsiasi altra, può essere valutata in due modi. La decisione di uno dei coniugi di divorziare può essere giudicata negativamente, mettendo in luce l’incapacità dell’interessato di adattarsi, di correlare bisogni ed aspettative, di adeguare le sue esigenze a quelle dell’altro. Si può sottolinearne l’irresponsabilità, specie nei confronti dei figli, l’incapacità di mantenere gli impegni assunti e la superficialità di colui che sogna e si immagina di fare e diventare chissà cosa e chissà chi, una volta liberatosi del peso dell’attuale relazione.
A questo si può aggiungere la considerazione di una sorta di ingratitudine per tutto ciò che l’altro ha fatto, per i suoi investimenti psicologici ed emotivi, per colui che “gli ha dedicato una buona parte della vita” con tutte le inevitabili rinunce e sacrifici. Ma si può anche vedere la cosa da un altro punto di vista e considerare che per chiedere il divorzio è necessario essere e sentirsi forti, indipendenti, liberi psicologicamente. Che ci vuole anche un po’ di coraggio per iniziare una nuova vita, per interrompere una relazione sulla quale si è investito tanto e per affrontare le difficoltà del nuovo, con il problema, quasi sempre presente, di una riduzione del reddito. Si può anzi rovesciare del tutto la valutazione assumendo che chi chiede il divorzio deve trovare il rapporto veramente intollerabile per essere spinto al trauma della separazione, specie quando ci sono di mezzo i figli. Perciò colui (colei) che chiede il divorzio può essere ragionevolmente considerato la vittima della relazione, quello che sopporta i maggiori sacrifici personali e le maggiori rinunce, quello che soffre di più. Due valutazioni contrarie e come si vede entrambe ragionevolissime. Ora in tutti i paesi occidentali sono le mogli a chiedere il divorzio in misura superiore ai mariti, in Italia siamo sui due terzi e questa quota spiega perché del divorzio non si parli male, perché non sia considerato un problema sociale (o una piaga, come dicono gli antidivorzisti). Se le donne chiedono il divorzio più degli uomini la ragione deve risiedere, tra le ragioni sovraesposte, in quelle che assolvono ed ancor meglio in quelle che celebrano l’autodeterminazione femminile.

i Luana Zanella, deputato dei Verdi, “Il Gazzettino”, 30.01.2002, p. 5.

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