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3.8c.6 Identità e ruoli

‘Identità’ e ‘ruolo’, concetti di base in sociologia, sono due nozioni centrali del pensiero femminista e sono penetrati tanto diffusamente nel linguaggio da essere diventati luoghi comuni usati in tutti i contesti, termini passe-partout nel discorso sui sessi. Il loro significato sociologico originario è stato rimosso dalla vulgata femminista.i I maschi sono in crisi di identità a causa del nuovo ruolo della donna, questo è l’assioma; l’identità dunque non sarebbe altro che la somma dei ruoli sulla base dell’idea che “siamo quel che facciamo”, perciò, mutati questi, muta anche quella e la “crisi” non è altro che l’espressione della difficoltà e della renitenza dei maschi ad accettare quei “nuovi ruoli” che le donne stanno loro imponendo. E’ il disagio derivante dalla refrattarietà ad eseguire quelle attività dalle quali i loro padri si tenevano lontani o ad occupare posizioni sociali inferiori e subordinate. In una simile prospettiva l’identità di una persona varierebbe al mutare della posizione sociale e dei compiti svolti. 

Gli uomini hanno problemi di valore non di identità; che io sia un minatore della Slesia o un Tuareg sul dorso del suo mehari, top manager o muratore non comporta alcuna differenza se e fino a quando il mio valore agli occhi della comunità con la quale interagisco, e soprattutto dei miei famigliari, rimane invariato; quando invece perdo il mio prestigio o divento inutile davanti a coloro che sono importanti per me, allora non vi è più ruolo o posizione che mi possa salvare dalla crisi, smarrimento che però non riguarda la mia identità, ma il mio valore, il mio prestigio, la mia autorità morale, non il ‘chi sono’ ma il ‘quanto valgo’. La “crisi di identità maschile” non è altro che una formula canzonatoria che maschera l’effetto dell’abbattimento del valore degli uomini perseguito ed ottenuto in decenni di men pushing. Il valore di un uomo non ha nulla a che vedere con la sua identità, qualsiasi cosa si intenda con questa e la mancanza del primo non ha nulla a che vedere con la seconda ma si può ben usare questa per nascondere quello celando agli occhi di tutti quale sia la causa della sofferenza e dell’angoscia degli uomini. 

La loro apparente sinonimia rende agevole la trasformazione del primo nella seconda, di qui l’irridente, beffarda ed umiliante formula “crisi di identità” presto arricchita dall’appellativo “patetica”. Il carattere dileggiante di quell’espressione, che ne tradisce origini e scopi, è vagamente percepito da molti e alcuni la rifiutano apertamente come ad esempio fa Marzio Barbagli, sociologo che pure non può essere sospettato di orientamento pro maschile.ii Non potendo confessare che sono stati rapinati del valore li si canzona in quel modo. Posta in termini di perdita di identità quella che invece è distruzione morale, il processo di abbassamento degli uomini può procedere indisturbato, può e deve continuare sino a quando si compia la maturazione della “crisi”, l’azzeramento finale del loro prestigio e della loro autorità morale. Pulizia etica antimaschile.

i Insieme delle proposizioni con cui l’attore sociale si descrive e viene descritto, per l’una, insieme dei comportamenti socialmente attesi, per l’altro.
ii Intervista di Paola Zanuttini, “Il Venerdì” de “La Repubblica”, 27.06.2002, p. 34.

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