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3.6.12 La relazione come dipendenza

Se per gli uomini il sesso fosse il fine e la relazione un mezzo quest’ultima sarebbe un onere di cui si libererebbero non appena potessero e costituirebbe il fondamento di una dipendenza, una condizione da soddisfare per poter appagare l’altra. Sin quando anche le donne erano costrette ad interagire con gli uomini per necessità economiche e riproduttive la bilancia restava in parità, ma nel momento in cui questa reciprocità è scomparsa è avvenuta la più grande rottura immaginabile tra i due e quel che rimane è la soggezione di una parte, la dipendenza maschile. Le donne dunque non hanno più bisogno degli uomini, affermazione che viene sussurrata talvolta agli orecchi degli amici e dei mariti, suggerita in modi sfumati e che si può trovare espressa in via indiretta nella letteratura femminista, ma che non si è sin qui sentita proclamare a chiare lettere e se ne intuisce la ragione, troppo vaste le conseguenze di una tale verità, troppo profonde e sconcertanti le cose che svela perché possa essere gridata dai tetti o declamata nelle assemblee. Sussurrata come velata minaccia ma non predicata pubblicamente è la più bruciante verità per gli uomini del XXI secolo: le donne non hanno più bisogno di loro e una condizione di dipendenza irrimediabile si è ora costituita per essi. Vivere in condizioni di dipendenza significa dover chiedere, attendere, sollecitare, doversi adeguare alla volontà degli altri, adottarne gli scopi, soddisfarne gli interessi. Se il postulato femminista della parità ormonale (di cui la storia dell’umanità non ha visto traccia) è vero ogni problema è risolto, se invece è falso, con l’avvento della società postindustriale e dell’autoriproduzione femminile si è costituita una condizione di dipendenza sessuale maschile radicale ed ineliminabile, una condizione di gravissima ineguaglianza cui i maschi devono far fronte nel solo modo possibile, incrementando la quantità di benefici materiali da offrire e, fatto decisivo, adeguando il loro comportamento alle richieste delle donne, assumendone cioè i valori, trasformandosi in ciò che esse vogliono, convertendosi all’etica dell’Altra e nell’insieme, all’etica femminista. Il prezzo da pagare sarà costituito allora dalla sottomissione morale, dalla soggezione psicologica e dalla dipendenza emotiva, una moneta invisibile per un commercio invisibile di cui entrambi hanno interesse a negare l’esistenza. 

La proclamazione di una simile verità è infruttuosa per le donne (può giovare solo come strumento di intimidazione e svalorizzazione degli uomini, da usare ora qui ora là) e dannosa per gli uomini; essa corrisponde infatti al riconoscimento della propria sottomissione, della propria inferiorità sessuale, fatto tanto più grave in quanto la si sente come irreversibile ed irrimediabile. Scrive Schopenhauer nei Parerga: “La superiorità nei rapporti con gli uomini nasce soltanto dal non aver bisogno di loro in alcuna maniera e nel farlo vedere” giacché l’ipotesi contraria fa subito nascere in essi la “presunzione e la tracotanza”.i Per questo le donne sussurrano “Non abbiamo bisogno di voi!” e per la medesima ragione l’ ‘Uomo Denim’ - che non deve chiedere mai - da due decenni è oggetto di motteggi e di canzonature. Il maschio deve chiedere perché se non chiede è libero, ovvero, non alla pari, ma superiore, come osservò Schopenhauer. L’ammissione della dipendenza rappresenta una resa senza condizioni, quale vantaggio può trarre il genere maschile da un simile riconoscimento? Se vi è una prospettiva di soluzione di un problema la presa d’atto di quello stato di cose mette in moto gli interessati e li spinge all’azione, se invece il rimedio non esiste quella presa di coscienza li lascia accasciati e sgomenti, conviene negare, distogliere gli occhi del cuore da questa cocente verità, respingere questa nefasta certezza. Troppo grande l’umiliazione, insanabile la ferita. Se avessero la certezza che una simile ammissione imporrebbe alle donne un nuovo fair play e la nascita di una inedita Cavalleria, forzate da una inaudita lealtà a riconoscere che la disparità in campo sessuale deve essere compensata da altri poteri in altri campi, la confesserebbero, ma, correttamente, sentono che ciò non accadrà. Nessuno si aspetta che le donne costruiscano a proprio danno un dovere di Cavalleria sessuale proprio nel momento in cui hanno scaricato dalle loro spalle quell’antico fardello ed hanno conquistato il loro Eden, vivere e riprodursi senza gli uomini. Si aspira alla potenza per liberarsi dei doveri non per assumerne di nuovi. 

i A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, op. cit., p. 609.

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