La prima risiede nel fatto che non si può muovere alcuna obiezione al costante reiterarsi di questo richiamo femminile al male patito poiché, trattandosi di un dato storico, non vi è ragione per la quale non possa e non debba essere ricordato agli uomini tutte le volte che sembra necessario rammentare in qual modo le donne siano state “ripagate” per i loro sacrifici;ii la seconda è che trova qui esemplificazione questa regola paradossale: più grande è il male patito dalle donne e meglio è. Questo folle principio trova applicazione estesissima e riguarda tutte le statistiche relative a tutte le epoche di tutti i luoghi. E’ evidente infatti che più grande è il numero delle donne colpite da qualsiasi angheria più grande diventa la colpa maschile e così, mentre il male che le singole donne subiscono è tale a tutti gli effetti, diventa però al tempo stesso uno strumento della guerra morale antimaschile. Il male patito dalle donne è semplicemente quello compiuto dagli uomini per questo i dati storici e statistici, ricercati attivamente e scrupolosamente, sono presentati, senza eccezioni, in senso peggiorativo (quando non vengono direttamente inventati). Il limite superiore di questa grandezza è dato solo dalla sua credibilità la quale deve confrontarsi sia con il pericolo della assuefazione sia con il livello delle conoscenze medie e della capacità ordinaria dei lettori-ascoltatori di correlare tra loro i diversi dati, di analizzarli e confrontarli.
Il numero delle donne finite sui roghi è andato perciò aumentando nella misura in cui è parallelamente aumentata la credibilità del dato stesso anche se è difficile determinare se faccia più effetto la cifra di 8.000.000 sull’anima dei ragazzi di oggi di quanto abbia ferito noi, che ne fummo il primo bersaglio, quella di 500.000 vittime agli albori del femminismo italiano. Qui appare in tutta chiarezza il fatto che vittimizzarsi e colpevolizzare non sono altro che sinonimi. Descrivo la mia situazione in termini sempre più gravi, elenco dati sempre più allarmanti, aggravo la mia condizione di vittima per incrementare il tuo stato di colpevolezza, il tuo debito, la tua dipendenza.
i Nell’ordine: P. Mottana e N. Lucatelli, L’anima e il selvatico - Idee per “controeducare”, Moretti & Vitali, Bergamo 1998, p. 124; J. Fo ed altri, Il libro nero del Cristianesimo, Edizioni Nuovi Mondi - Jacopo Fo; Rolf Schulte, storico tedesco autore di Exenmeister (Stregone), intervistato da Paolo Valentino, “Corriere della Sera”, 22.10.2001, p. 37.
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