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3.8b.5 Durata e conservazione

A fronte del ciclo produzione consumo produzione che caratterizza il modo di funzionare della società occidentale ed in apparente contrasto con la sua vocazione a consumare irreversibilmente ambienti e risorse, si colloca una tendenza del tutto opposta, quella della conservazione della vita dei singoli individui estesa sino ai limiti estremi delle possibilità biologiche. Questo orientamento era già stato sospettato nel corso dell’Ottocento e sta vivendo oggi la sua maturazione. La vita media si è allungata tanto che ognuno di noi può attendersi ragionevolmente di superare gli ottant’anni, se femmina, o di andarvi vicino, se maschio. Quello dell’invecchiamento della popolazione è un problema noto ed è il risultato dell’allungamento dell’aspettativa di vita combinato con una drastica riduzione del numero dei nati.
 
Metterne al mondo pochi ma che vivano a lungo, è questo il principio sotteso al trend che abbiamo sotto gli occhi. Anzi, metterne al mondo pochissimi ma che vivano tendenzialmente in eterno. Le due tendenze sono correlate perché, in un mondo che è comunque limitato o vi è poco per molti o molto per pochi, si tratti del tempo o delle risorse. La civiltà occidentale a bassa o negativa natalità, è precisamente quella che ha scelto di dare molto ai pochi sia sul piano materiale (beni di consumo) sia su quello del tempo da vivere. E’ come se ogni neonato bianco rivendicasse a sé tutta la materia e tutto il tempo possibili escludendo dal godimento della prima e del secondo il maggior numero di concorrenti. Egli insomma non nasce per sperimentare e per creare, per assaggiare la vita e poi far spazio ad altri, ma per durare. Un mondo dove nascita e morte si susseguano intensamente è un mondo creativo, quello in cui alla scarsità della prima corrisponda un rinvio della seconda (possibilmente sine die) è un mondo conservativo. Questo tipo di propensione, come si vede, è totalmente inclinato verso la polarità femminile che tende alla conservazione a scapito della creazione, alla durata estensiva in opposizione all’esperienza intensiva. La conservazione e la salvaguardia della vita individuale esigono però una costante lotta contro quegli avvenimenti che la possono minacciare, di qui la guerra senza quartiere contro tutti i pericoli possibili ed immaginabili e la ricerca ossessiva delle sicurezze materiali e sociali. Lo scopo finale, l’optimum, consisterebbe nell’eliminazione di ogni imprevisto, nell’esclusione di ogni rischio, di ogni possibilità di incidenti, ma la società della sicurezza assoluta è anche quella del controllo assoluto e alla protezione totale corrisponde l’inibizione totale. La prevedibilità universale ha come conseguenza la castrazione universale. 
 
L’intima contraddittorietà tra protezione, tutela, sicurezza (di polarità femminile) e creatività, vitalità, rischio (di polarità maschile) è incarnata dal comportamento degli adolescenti contemporanei tenuti al guinzaglio dalle madri iperprotettive ossessionate dai pericoli, propensione a suo tempo controbilanciata e perciò contenuta dal valore della presenza paterna diversamente orientata e oggi invece diffusa a livello di massa. Un mondo in cui tutto sia previsto, programmato e controllato è precisamente quello in cui non accade più nulla, un mondo morto, perciò, nel profondo, quella a cui assistiamo è una guerra contro la vitalità, l’imprevedibilità, ossia, per quanto sembri assurdo, contro la vita. Contro il Caso, creatore di tutto ciò che esiste. Non può poi passare inosservata una conseguenza paradossale di questa corsa senza fine alla protezione della vita individuale.
 
Nata con l’obiettivo di allontanare la morte, essa la rende invece sempre più terribile e paurosa, sempre più minacciosa. Quando si nasceva e si moriva molto, per così dire, non impauriva come adesso perché quel che si vede accadere ogni giorno trova composizione nell’universo simbolico, viene integrato nella vita, mentre di fronte alla prospettiva di una immaginata “immortalità” l’idea di morire non può che terrorizzare. La guerra femminile contro la paura incrementa la paura.

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