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2.7.3 Potere e violenza invisibili

Un giorno del dicembre 2000 un ventenne si presentò al carcere di Venezia e bussò per esservi accolto. Il giovane vi aveva trascorso alcuni mesi ed aveva poi ottenuto di scontare il residuo della pena agli arresti domiciliari in casa della nonna ultraottantenne. “Non ne potevo più - disse - me ne sono venuto via prima che accadesse l’irreparabile”. Quando una persona preferisce il carcere alla casa vuol dire che sta vivendo una situazione molto grave, benché, trattandosi qui di un maschio la cosa non risulti pienamente significativa ed il suo senso vero ci sfugga. Per capirlo dobbiamo pensare ad una donna al posto dell’uomo, solo rovesciando le parti infatti riusciamo a figuraci in qualche modo la gravità della cosa, ad intuire il grado di intollerabile violenza che deve star dietro una simile scelta. Quella nonna deve esser stata davvero tremenda per spingerlo a tanto eppure non si riesce ad immaginare una situazione di maggior squilibrio di potere di quello esistente tra quei due. Che male avrà mai potuto fare una povera ottuagenaria ad un maschio nel fior degli anni e con quali strumenti? Un male invisibile ed indefinibile, e perciò stesso non quantificabile, ma sicuramente intollerabile e ciò con il solo strumento della parola. Un male, si noti, non rubricato nel codice penale, non punibile e non punito, espressione di un potere impalpabile ma efficace e reale, qui tracimato, perché privo di freni, in una violenza che non provoca ematomi né fratture né sangue. Potere dunque impossibile da contrastare ed arginare e perciò destinato a straripare in prevaricazione e violenza impunite. 

Esiste dunque una violenza invisibile come abuso di un potere invisibile di cui anche la più indifesa delle donne è in possesso. L’invisibilità del potere femminile, e perciò l’invisibilità della sua violenza, i cui caratteri qui non approfondiamo, costituisce già da sola una buona ragione per fondare l’apparente e facile innocenza universale del genere rosa. Questo è provato dal fatto che le prigioni sono da sempre piene di maschi mentre le donne non rappresentano mediamente che il 3-4% dei detenuti. Si va dal sei per cento degli Usa all’un per cento del Canada, mentre l’Italia sta nel mezzo. Se questi dati fossero proporzionali alla malvagità umana si dovrebbe concluderne che il Paradiso è monopolio femminile e sarebbe ben giustificata la pretesa della Scum (Society for cutting off men), associazione femminista americana, di eliminare tutto il male del mondo attraverso la pura e semplice soppressione dei maschi. Ora, l’invisibilità in quanto tale appartiene alla polarità femminile ed è esplicitamente richiamata dalla GNF quando descrive il decisivo contributo delle donne nella creazione e nella conservazione del mondo, invisibilità che però dovrebbe operare tanto nel bene quanto nel male. Solo un grande potere, sia pur invisibile, può aver permesso alle donne di “Ricostruire di notte quella Civiltà che i maschi distruggono di giorno” come dichiarano le filosofe di Diotima, supremo bene che esse hanno regalato all’intera umanità.i L’innocenza femminile relativa alla storia, secondo il canone della GNF, è quella che ogni donna ha ereditato per il solo fatto di essere nata femmina, una grazia che gli uomini non hanno. 

Quanto a quella fattuale, l’innocenza delle donne risiede in due condizioni: la loro violenza è invisibile e silenziosa, inafferrabile e indefinibile, non ha né un inizio né una fine determinabili, non colpisce in un punto preciso, è sfumata e vaga, obliqua e indiretta. E’ una violenza calcolatrice che soppesa le possibili conseguenze negative per chi la attua e che si ferma sempre prima di esporre la donna al rischio deviando verso percorsi trasversali. Quasi mai fisica e raramente attiva, solletica ed evoca l’esplosione maschile che prima o poi verrà e che porterà il violento alla rovina. Dissimulata e nascosta, non comporta rischi, non espone, non compromette. 

In secondo luogo oggi siamo in una situazione nella quale se anche una donna volesse esplicitamente macchiarsi di un delitto antimaschile quasi non saprebbe come fare. Pare che circa la metà delle donne separate si porti nel lettone i figli maschi sino in età adolescenziale “Tanto, cosa c’è di male?”. L’incesto femminile ha ben altra invisibilità di quello maschile, non ci sono donne denunciate per questo reato e non certo perché non esista ma perché è sfumato, indiretto, invisibile, quanto sia diffuso nessuno lo sa né lo può sapere. L’incesto maschile, come quasi tutta la violenza maschile, lascia il segno ed è visibile tanto per l’autore quanto per la vittima, quello femminile invece non viene visto né dalla vittima, che perciò non lo denuncerà mai, né dall’autrice che può quindi agire in piena buona fede sentendosi innocente. Una donna può diventare incestuosa e non sarà mai denunciata, mai condannata ed anzi, quasi sicuramente, essa stessa non saprà di esserlo e, a meno che una successiva improbabile autoconsapevolezza glielo segnali e lei stessa si autocondanni, nessun altro lo farà. E’ facile essere innocenti in questo modo, anzi, diventa impossibile diventare colpevoli sia agli occhi altrui che ai propri. Quel che vale per l’incesto vale per le vessazioni di quell’ottuagenaria che mai riconoscerà di essere stata violenta, mentre un maschio che picchiando produce una frattura non potrà negare il fatto né davanti a se stesso né in tribunale. Ma non basta. 

Una donna oggi può fare ad un uomo tutto ciò che vuole e non sarà mai colpevole ed anche nel caso di omicidio lo sarà in misura ridotta perché certamente provocata. Se anche volesse esplicitamente oltraggiare un uomo non si vede come potrebbe farlo. Come ricordato più indietro, un famoso giornalista, all’epoca della sentenza jeans, andò in Tv a dire che una donna ha il diritto di portarsi a letto un uomo, eccitarlo, farlo sognare, tenderlo come un violino e, nel momento clou, scaricarlo. Il desiderio maschile, la passione, l’erotismo, la carica vitale possono essere usati a piacimento sino ad ogni limite estremo ed al di là di ogni limite. In Australia è accaduto che una donna “cambiasse idea” durante il coito, l’uomo si trattenne dentro di lei dopo il “rifiuto” per trenta secondi, è stato condannato per stupro.ii Tutte le australiane possono fare così, ma anche le italiane lo possono. Certo, può darsi che la prima e la seconda volta l’uomo ne esca assolto, ma, come si vede in simili occasioni, ogni volta che un accusato non viene condannato si scatena un tale putiferio che in breve tempo le cose vanno al loro posto. L’innocenza femminile ha perciò fondamenta solidissime da sembrare quasi inscalfibili e su queste è radicata la superiorità morale delle donne. E’ da là che lanciano le pietre. 

i “Le donne hanno dato la civiltà a tutto il genere umano”, titolo di un lungo articolo di Angela Giuffrida, “Il Gazzettino”, 27.06.2001, p. 25.
ii Fatto accaduto a Perth, l’uomo fu condannato a 4 anni. W. Farrell, Il mito del potere maschile, op. cit, p. 361, da un’intervista dello stesso Farrell allo psicologo australiano Frank Brennan dell’11.04.1990, cfr. nota 69 del cap. 14.

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