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2.3.5 Ginecidio

La soppressione delle bambine in Cina - si parla di milioni di bimbe soppresse - è un altro motivo ricorrente, un altro fatto che viene richiamato con frequenza non solo sui media ma anche nei discorsi quotidiani, si tratta di un’altra verità storica che in quanto tale non può essere negata, uno scoglio contro cui ogni giovane maschio delle future generazioni andrà a cozzare. L’eliminazione delle bambine non è però un fatto solo cinese, l’Onu infatti ha reso noto (rapporto Unicef del maggio 2000) che nel mondo mancano all’appello sessanta milioni di donne, nel senso che ogni anno tante ne vengono uccise direttamente o indirettamente nel pianeta. Ogni anno una devastazione equivalente a quella prodotta dalla II Guerra Mondiale, un vero e proprio “ginecidio”, si abbatte sul genere femminile nell’indifferenza del mondo. Si tratta di un dato sconvolgente che racchiude in sé, in quanto effetto combinato e finale, tutta la tragedia storica femminile ed il cui significato simbolico, oltre che materiale, è chiarissimo, esso parla della sostanziale assenza del diritto femminile di stare al mondo. La sua fonte è tra tutte la più credibile perché viene da un organismo universale super partes e perciò le cifre risultano degne di fede. Ecco nel dettaglio i dati Unicef come riportati con enfasi allarmante da tutta la stampa.


Sotto il titolo “Violenza domestica per una donna su due”i si documenta come le donne nel mondo siano picchiate, sfruttate, schiavizzate, costrette a subire violenza dall’uomo che hanno amato ed al quale hanno giurato fedeltà per tutta la vita. Percosse e privazioni nei paesi più evoluti che diventano aborto selettivo,ii malnutrizione forzata, mutilazioni, sfregi con l’acido, riduzione in schiavitù e delitto d’onore nel Terzo Mondo dove vengono infettate di Hiv e quindi di Aids attraverso la violenza famigliare, mentre in certi stati esse sono rinchiuse nei lager per assorbire e contenere l’infanticidio femminile. Il Canada risulta in testa con il 29 percento delle donne aggredite fisicamente, poi Usa, Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Svizzera. Almeno il 45 per cento dei mariti indiani abusa della moglie e lo stesso fa il 52 per cento dei nicaraguensi, mentre la sconvolgente quota del 60 per cento delle donne polacche è regolarmente picchiata dal marito. Intere economie famigliari si reggono sulla dote risparmiata per una figlia morta o su quella acquisita grazie all’eliminazione fisica della moglie. Un simile quadro che descrive la nuova “globalizzazione della violenza maschile ...()... non può non colpirci come un pugno allo stomaco” e ci ricorda che non possiamo assolutamente dimenticare “che c’è un futuro passato, ossia un passato non risarcito, scandaloso, osceno, che la modernità continua a rimuovere e a tradire”. Così scrive Andrea Tagliapietra nel giugno del 2000. Mesi dopo, la Commissaria Europea Anna Diamantopoulos presenta un rapporto in cui si parla della violenza antifemminile, piaga sociale, vera e propria epidemia che attraversa tutte le classi sociali e che in Europa colpisce una donna su cinque attraverso lo stupro, i maltrattamenti in famiglia, gli abusi sul posto di lavoro. A corredo viene presentata una ricerca canadese da cui risulta che il 30 percento delle mogli picchiate dal marito deve, a causa di ciò, abbandonare il lavoro.

Anche in questo caso la fonte fa fede della credibilità dei dati il cui contrasto (qui per riduzione) con quelli Unicef sfugge completamente tanto al giornalista quanto ai lettori. Abbiamo considerato sopra per quali ragioni risulta non solo inutile ma dannoso per gli uomini il solo tentativo di dimostrare l’inconsistenza di questi dati, nondimeno la dimensione della devastazione che emerge dalle cifre Unicef ci impone un breve calcolo e qualche considerazione. Quei sessanta milioni di donne eliminate ogni anno sull’intero pianeta rappresentano il 2 per cento della popolazione mondiale femminile. Rapportandolo all’Italia ne esce la cifra di circa 600.000 ma i decessi - femmine e maschi - ammontano qui a circa 550.000 l’anno e se ne deve perciò ricavare che il numero di donne uccise è superiore a quello di tutte le morti di entrambi i sessi. Se ogni anno il due percento della popolazione mondiale femminile scompare, entro due o al massimo tre generazioni (a seconda di come si vuole comporre il calcolo) sul pianeta non vi sarebbero più donne e poiché questo stato di cose perdura da secoli già oggi non dovrebbe esservene alcuna. Ogni cinquant’anni tre miliardi di donne vengono assassinate. Per quel che è dato sapere nessun redattore, nessun commentatore ha eseguito quel calcolo elementare ed è verosimile che ben pochi lettori si siano dati la pena di farlo. 

Le femministe americane hanno diffuso la verità secondo la quale ogni anno negli Usa 150.000 donne muoiono a causa dell’anoressia, patologia di massa causata, come noto, dallo stereotipo estetico cui i maschi costringono le donne (il cliché della bellezza femminile nell’immaginario maschile) per adeguarsi al quale cadono nella spirale anoressica. Rapportata all’Italia quella cifra si trasforma in circa 30.000 decessi l’anno, numero cinque volte superiore a quello dei morti sulla strada, una vera ecatombe. Christina Hoff Sommers, resasi conto che l’inverosimiglianza della cifra minaccia di tradirne il carattere colpevolizzatore, ha presto assegnato il metodo a quel “femminismo vittimista” che ormai non ha più ragione di essere. Di fronte a questo terrorismo morale ben pochi uomini sono in grado di dire o anche solo di immaginare da dove tragga origine quel loro disagio, quel profondo imbarazzo da cui fuggono e di cui in realtà negano l’esistenza. Quanti di noi hanno mai sentito parlare di colpevolizzazione e chi mai ha ipotizzato che questa sia l’arma più potente, l’ordigno più formidabile che il femminismo usa da due generazioni contro gli uomini? 

i “Il Gazzettino”, 1.6.2000 pp. 1, 2, 6 e 21.11.2000, p. 7.
ii L’aborto selettivo presuppone la diagnosi prenatale praticata su scala di massa, precisamente quel che non esiste nel Terzo Mondo.

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