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3.1.1 Il Dispregio

“Quand’è che qualcosa diventa spregevole? Quando viene a lungo spregiata” scrive Nietzsche. 

Se si prescinde da un Essere Supremo non vi è altra misura di valore che quella nascente dalla valutazione espressa da una qualche forma vivente, altro metro che quello del giudizio degli esseri umani perciò quel filosofo affermò che ‘uomo’ significa ‘colui che valuta’. Per sapere quanto valgano oggi i maschi e la maschilità non resta che interrogare i soli che possano dircelo, gli umani di questo luogo e di questo tempo.
Se fosse possibile assegnare valore agli altri senza erodere il nostro, esaltarne le opere senza oscurare le nostre ci troveremmo nella più desiderabile delle condizioni. Bisogna invece riconoscere che le due prospettive, alla fine, sono inconciliabili e si è perciò tentati di negare quel che pur si vede e si sperimenta, si subisce e si pratica ogni giorno, confondendo quel che sarebbe bello fosse con quel che di fatto è. Ma poiché colui che trascura ciò che è per occuparsi di quel che ‘dovrebbe essere’ va incontro piuttosto “alla ruina che alla perservazione sua”, conviene anche a noi andar dietro alla verità effettuale delle cose anziché alla consolante immagine che di esse ci costruiamo, come suggerisce Machiavelli.i Non ci si innalza senza abbassare e non si abbassa senza al tempo stesso elevarsi, perciò riconoscere il valore delle opere altrui, lodare e celebrare gli altri è operazione durissima, gesto eroico quasi contro natura. Le donne occidentali non potevano innalzare il loro valore senza abbassare quello degli uomini e per far ciò dovevano usare quegli strumenti e quei metodi sui quali non vi è bisogno di dire molto perché ognuno di noi li impugna quotidianamente contro l’universalità dei suoi nemici, avversari, concorrenti. 

Si abbassa il prossimo con il denigrarlo, il disprezzarlo, il deriderlo, vuoi direttamente, vuoi colpendo i suoi gesti, le sue abitudini, le sue conquiste. Denigrando ciò che ha e che fa, ciò che pensa e che è. Disonore e vergognaii indicano lo stato nel quale cadono coloro che sono fatti oggetto dello scherno, del dileggio, di quell’aggressione che in campo etologico si esprime con il digrignare dei denti, gesto di cui la derisione in campo umano costituisce una perfezionata evoluzione.iii Il sogghigno viene dal ghigno. Nel mondo animale quel comportamento minaccia un’aggressione alla quale il soggetto può sottrarsi solo attraverso l’abbandono del branco, si tratta della scomunica, dell’espulsione dal gruppo, cosa che per gli animali sociali, come gli umani, comporta morte sicura. 
 
Il femminismo, che ha denunciato e denuncia ogni pregiudizio, ogni offesa, ogni colpevolizzazione, ogni denigrazione, ogni abbassamento morale, ogni svalutazione delle donne, ha dovuto praticare lo stesso aborrito esercizio contro gli uomini per quel vincolo imprescindibile che lega la nostra elevazione all’abbassamento altrui, la nostra gloria all’altrui discredito. Cosa significa male-bashing? Significa che ogni giorno sui giornali, sulle Tv, alla radio, nella pubblicità, sui bollettini parrocchiali come sui trattati scientifici, sui libri di testo come nelle rivistine delle adolescenti, sui periodici femminili, maschili, unisex e intersex si pratica l’irrisione, la denigrazione, l’umiliazione degli uomini. Si riferisce ad essi, si fa derivare dai maschi e dalla maschilità tutto ciò che è violento, aggressivo, vile, stupido e volgare. Ciò che è inferiore, basso, triviale, indecente, poco degno o, direttamente, indegno, ciò che è sporco e ciò che è cattivo. Si fa risalire ai maschi ogni guerra, ogni sopraffazione, ogni delitto, ogni violenza, ogni prevaricazione, ogni rapina, ogni abuso, ogni sopruso, ogni villaneria del mondo. Si parla degli uomini per parlarne male. Non c’è termine negativo, espressione derogatoria, non c’è allusione o insinuazione, non c’è aneddoto o metafora che non debbano essere usati contro di essi. Non si tratta però di insulti, come crediamo noi, ma della verità. Ecco infatti come sono veramente gli uomini: violenti, aggressivi, prevaricatori; molestatori, stupratori, pedofili, divoratori di porno, puttanieri, sporcaccioni; tracotanti, presuntuosi, altezzosi, saccenti, prepotenti, egoisti; xenofobi, razzisti, guerrafondai, torturatori, assassini, genocidi; arrivisti, carrieristi, interessati solo al denaro, al potere, al successo; freddi, insensibili, disumani; infidi, vili, sleali, irresponsabili, traditori; senza sentimenti, senza amore, senza pietà, senza compassione, senza lacrime; ossessionati solo dal calcio, solo dalle macchine, solo dalla logica, solo dalle stupidaggini, solo dalla fica, solo dal bar; sporchi, sciatti, alcolisti, straccioni; incapaci, inetti, stupidi, tonti, mammoni; pigri, ignavi, sfruttatori, parassiti; padri-padroni, padri-assenti, padri-incestuosi, padri violenti; frivoli, casanova, dongiovanni, collezionisti, narcisisti, sciovinisti; ridicoli, goffi, patetici, imbranati; maschilisti, machisti, fallocratici, fallocentrici, misogini; cacciatori, vivisezionisti, antiecologisti, inquinatori, saccheggiatori della natura, stupratori di Gaia. 
 
Questa lista suona capziosa e truffaldina, suggerisco perciò, a chi ne ha voglia, di dare un’occhiata all’ultima di copertina del saggio di Maria Rita Parsi Fragile come un maschio, un best-seller, dove troverà più di venti epiteti da aggiungere a questi.iv Ciò che è male è maschile, ciò che è maschile è male. Come si vede molti di quei termini si prestano a veicolare tanto la colpa quanto la vergogna e l’occuparci separatamente delle due ha solamente utilità discorsiva. 
 
La prima caratteristica notabile del male-bashing è la sua invisibilità. Nessuno sa che esiste, nessuno lo vede, nessuno lo sente e la denuncia della sua esistenza viene letta, nella migliore delle ipotesi, come indice dello strabismo di Genere di chi ne parla, o, più facilmente, come vero e proprio delirio frutto di una proiezione persecutoria dei maschi in “crisi di identità”. Questa interpretazione, davvero sottile, non solo nega l’esistenza fattuale ma la possibilità stessa che possa mai darsi qualcosa di simile; se esistesse, infatti, verrebbe denunciato come si tenta di fare in queste righe ma la denuncia stessa proverebbe che siamo di fronte ad una allucinazione. Il pestaggio morale antimaschile, processo impossibile ad essere e perciò inesistente, viene praticato da così tanto tempo e con tale abilità che nei suoi riguardi si è creata una universale assuefazione, precondizione alla sua espansione senza limiti che di recente ha raggiunto punte davvero ragguardevoli. Ben pochi hanno notato, ad esempio, la qualità del trattamento riservato ai maschi in pubblicità e anche chi l’ha fatto tende ad attribuire gli spot antimaschili a scelte di questo o quel creativo, sensibile ai tempi nuovi, certo, ma alla fin fine non volute e sostanzialmente casuali. Immagini di maschi striscianti, presi a calci, incatenati, tenuti sotto i tacchi a spillo, sbavanti davanti alla Celeste Porta, bollati come “vere puttane”,v questuanti, goffi, imbranati ed incapaci sono diventate del tutto usuali e non scandalizzano nessuno. 
 
Nell’autunno del 1999 i Maschiselvatici milanesi contattarono un loro referente presso una grande rete televisiva per avere copie di questi filmati indicandogliene, a titolo esemplificativo, alcuni ammirati in Tv. Dopo un momento d’incertezza, l’interessato esclamò: “Ah, ora capisco, vi riferite al filone del maschio scemo!” - “Filone? Come sarebbe a dire?” - “Ma certo, c’è tutta una linea incentrata sul tema. Vi accontento subito”.vi Quanto alla cinematografia, dove imperversano, ad un tempo, i maschi delinquenti e quelli convertiti sulla via di Damasco, perché qualcosa è cambiato nel percepire ciò che le donne vogliono, la consacrazione del ruolo di educatrice dell’una e di umile educando dell’altro ha raggiunto finezze impensabili. Ma il processo è reso inattaccabile da un diverso fattore, la presenza di una soglia impercettibile che ne colloca le singole espressioni alternativamente nell’area dell’irrilevanza o in quella dell’eccesso in modo tale che la scoperta denuncia delle prime risulta vuota ed insignificante, quella delle seconde pretestuosa e strumentale. O tanto leggera da apparire irrilevante o così esagerata da rendersi iperbolica e perciò inverosimile. Così la definizione esplicita e brutale dei maschi come di “insensibili bastardi” che si può leggere su “Io Donna”vii deve certamente essere intesa in senso ironico, mentre l’insensibilità, “l’analfabetismo maschile degli affetti”viii che imperversa sulla stampa e sulla saggistica è troppo lieve e generica per poter essere bollata come denigratoria, se poi suona troppo dura vuol dire che il lettore ha la coda di paglia. 
 
Davvero non è sempre agevole la scelta sulla loro corretta collocazione. In quale delle due categorie situare la vignetta di “Selezione” nella quale due primitivi festeggiano la scoperta del fuoco mentre sulla soglia della caverna le rispettive commentano: “Vedrai se ho torto: troveranno il modo di farci sgobbare anche per questo!” e dove posizionare quella apparsa su “Missionari Saveriani” dove una bianca dice a un’africana: “I nostri uomini ci vorrebbero sempre a casa a rimestare nelle pentole!” - “Anche da noi è così, ma almeno le vostre sono piene!” o come leggere quella di Grazia Nidasio sul “Corriere”: “Otto marzo, tutti puntano sulle donne, poi, l’indomani sparano!”? Più chiara è invece Pat Carra su “Donna Moderna”: “Uccide la moglie, picchia la suocera, dà fuoco alla casa e rapisce i tre figli” - “E poi dicono che l’istinto paterno non esiste”.ix Campagne contro la violenza sui bambini mostrano mani maschili che picchiano mentre quella per la donazione degli organi viene celebrata con il titolo televisivo “Donazioni: la generosità è donna”. Gli ormoni dei vecchi in carrozzina sono utilizzati per mostrare maschi (forse illusi dal Viagra) sbavanti sui glutei della formosa mentre quelli ancora immaturi dei dodicenni sono già buoni per mescolare crema di pelle e cremini al cioccolato. 
 
L’esercizio del men-pushing si giova di tutte le infinite possibilità del linguaggio verbale e non verbale, di tutte le forme espressive e si manifesta per lo più in modo indiretto, obliquo, con allusioni, rimandi, innocue parodie, enigmatici aneddoti, metafore ambigue ed è comprensibile che locuzioni dure ed esplicite come quella riportata (“insensibili bastardi”) siano ancora rare, benché in crescita, essendo naturale che chi non trova ostacoli nel colpire indirettamente e per allusioni ringalluzzisca. La diffusione del processo in campo pubblicitario trova comprensibile motivazione nel fatto che i consumi sono gestiti prevalentemente dalle donne ed è ragionevole che qui il genere femminile sia tenuto in palmo di mano e rappresentato sempre più vincente e qualificato nei mille aspetti della vita di fronte ad un maschio sempre più incapace e ridicolo. Del resto cosa ci si può aspettare da una entità prodotta da quel gene Y che è “…la parte più decadente, ridondate e parassita del genoma umano” destinato presto alla scomparsa ed a suo tempo sviluppatosi “...occupando abusivamente un cromosoma femminile” un “...agglomerato di Dna dall’aspetto informe rispetto al corposo cromosoma X” quello che regala alle femmine, oltre a tenere guance di pesca “…intelligenza, sopportazione, generosità, tolleranza…”.x

Benché intensificatosi negli ultimi anni, il male bashing dura da decenni e tanto sono state brave le maestre che gli alunni stessi hanno imparato a praticarlo e se ne fanno vanto. L’auto oltraggio, l’auto denigrazione maschili sono trendy, provano che sei evoluto, moderno, autocritico, autoironico, pro feminist. Moralmente a posto. In pari tempo la celebrazione del femminile ha ormai raggiunto picchi inauditi superando di gran lunga il credibile per dilagare nell’inverosimile in una corsa alla lode sperticata, all’adulazione senza freni che non si ferma neppure davanti al ridicolo, condotta in prima linea dagli stessi maschi scesi a tali livelli di piaggeria da imbarazzare talvolta persino le destinatarie.

i N. Machiavelli, Il Principe, XV,1.
ii Usare il termine ‘denigrazione’ per descrivere il processo e ‘disonore’ lo stato in cui viene condotto il colpito è in realtà improprio perché il loro significato non dà conto dell’ampiezza dei sentimenti che vengono feriti né delle modalità con le quali lo sono. Ad indicare unitariamente quel segmento della vita psicoemotiva che viene compresso potrebbero adattarsi altrettanto bene, ed altrettanto male, sinonimi come dispregio e disprezzo, vergogna e vituperio, sconsiderazione e biasimo e così via.
iii I. Eibl-Eibesfeldt. Etologia Umana, op. cit, p. 90 ed anche E. O. Wilson, Sociobiologia, op. cit, pp. 48-51 e altrove sino a p. 253.
iv M. R. Parsi, Fragile come un maschio, Mondadori, Milano 2000.
v “Le vere puttane sono gli uomini”, campagna pubblicitaria della “Swish Jeans” nel 2000. Vedi www.maschiselvatici.it /razzismooggi /indice.htm.
vi Testimonianza di Guido Moretti.
vii “Io Donna”, 23.11.2002, p. 88.
viii Silvia Vegetti Finzi su “Io Donna”, 11.10.2003, p. 333.
ix Nell’ordine: “Selezione”, novembre 1998, p. 142; “Missionari Saveriani”, marzo 2000; “Corriere della Sera”, 9.03.1998, p. 33; “Donna Moderna”, ottobre 1994, p. 9 (conservo il ritaglio senza data).
x Gianfranco Bangone a commento di un articolo di “Nature” del giungo 2003 e del saggio di Steve Jones, Y-The Descent of men, su “Panorama” versione web, on line il 24.07.2003. L’ultima citazione da Chi ha paura che il maschio si estingua? in “D - La Repubblica delle donne”, 4.10.2003 p. 166.

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