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4.2.4 Scheletri negli armadi

Pur in questo quadro, che le appare tanto favorevole, anche la Destra tradizionalista ha i suoi bei problemi di fronte alla questione maschile, si manifestano in una sorta di ritegno, di pudore nell’affrontare il tema. Prudenza e imbarazzo che nascono dalla sua storia tanto carica di responsabilità sulla condizione femminile che la Destra non può aprire l’anta di un armadio sulla questione dei sessi senza che ne escano i teschi e le ossa degli scheletri che alla rinfusa vi ha collocato, scientemente, sistematicamente, storia che ha rivendicato a sé (“l’angelo del focolare”, “le attività muliebri”, “la donna rurale”, “figli alla Patria”...) e di cui è andata fiera sin quando il femminismo non l’ha impugnata e usata come flagello, come strumento di liquidazione della maschilità. 
 
La sconfitta pressoché totale degli uomini ha la sua origine in quello schianto morale di cui la Destra è responsabile non rispetto alle condizioni sociali del passato ma alla ideologia che su quelle fu costruita. Esemplarmente, non è certo imputabile alla Destra tradizionalista il fatto che a suo tempo le donne partorissero 6 o 8 figli e restassero incinte 10 o 12 volte, questo è accaduto per secoli prima che essa nascesse. Le va invece imputata la codificazione morale, l’imprimatur fornito ad una condizione che, necessaria per la sopravvivenza della specie sino a poco tempo fa, si volle e si consacrò come naturalmente eterna nella concezione della donna come fattrice e ancella, prospettiva sessistico razzista che il femminismo ha avuto gioco facile ad assegnare all’intero genere maschile indiscriminatamente. 
 
Il principio secondo cui le donne sono tutte angeli o puttane appartiene al nucleo centrale di quella visione del mondo. Uomini radicalmente convinti dell’inferiorità femminile, sprezzatori viscerali di quella metà del mondo che giudicano le stuprate colpevoli e le picchiate meritevoli di tanto esistono davvero. Questi si riconoscono, sostengono e appoggiano quella parte politica e, quando non ne teorizzano la filosofia, ne materializzano la prassi. Nei giorni della ‘sentenza jeans’, quando esplose l’ira femminile e Alessandra Mussolini conduceva la manifestazione “Jeans, alibi per lo stupro” un deputato, suo collega di partito, affermò sghignazzando che in realtà quelle che manifestavano, al pari di tutte le donne, non aspettavano altro che di essere stuprate. Era l’ingrediente che mancava alla pietanza avvelenata che veniva somministrata ai maschi italiani. Di recente le donne che manifestavano contro la nuova legge sulla riproduzione assistita furono accolte con il grido “Puttane! Troie!” dai banchi della Destra.i Nessuna maraviglia che, su tali fondamenti, quella parte politica sia del tutto impotente a contrastare l’avanzata del femminismo, ondata che, viceversa, essa stessa ha alimentato ed alimenta. 
 
Il femminismo non potrebbe brandire il passato contro il genere maschile nel modo usato se la storia da esso raccontata non portasse il suggello ideologico di questa Destra. Quello svuotamento interiore, quella impossibilità di difendere senza imbarazzi e vergogna le proprie ragioni, quella perdita totale di fiducia in ciò che gli uomini provano, sentono e vogliono ha la sua causa fondamentale in quel passato, ogni giorno ricordato, che, persino a proprio danno, la Destra ha celebrato e verso cui, per quanto possibile, intenderebbe ricondurre la società. Questa è la causa del suo imbarazzo e della sua timidezza sulla questione dei sessi, questa è la ragione per la quale quando si tratta di conservare ed incrementare privilegi e prebende al genere femminile immancabilmente vota a favore e quando si tratta di parlare sul tema dei Generi è costretta a dar la parola alle “sue donne” giacché quei maschi si sentono, come in effetti sono, impossibilitati a farlo. In questo paese anche i leghisti celoduristi hanno votato come un sol uomo l’apertura costituzionale alle quote legali. Non vi è legge, non vi è scelta amministrativa woman friendly che la Destra non approvi compatta, benché, alla bisogna, sotto il mantello della “politica della famiglia”. Vero è che dietro questo apparente neopaternalismo (perché in realtà si tratta di una resa morale) si cela la questione demografica, preoccupazione che sta alla base anche della timida e recentissima rivalutazione della paternità, un fatto del tutto strumentale. Rivendicando a sé i valori dell’ordine antico tali e quali sono condannati dal femminismo la Destra accredita la totalità di quel racconto, lo rende più che verosimile semplicemente inconfutabile ed offre in tal modo al femminismo la più acuminata arma nella guerra dei sessi: la secolare cosciente colpa maschile. 
 
Ma non basta, perché le sue responsabilità vanno anche nell’altra direzione, si tratta del danno esiziale prodotto direttamente ai maschi stessi attraverso la distruzione dell’immagine maschile, celebrata ed esaltata proprio in quei caratteri che ne costituiscono la faccia intollerabile. La Destra tradizionalista non ha magnificato la parte luminosa ed amabile ma quella fosca e temibile della maschilità. Il servizio storico reso alla maschilità (e alla virilità, altro termine da essa reso impronunciabile) è costituito da una esaltazione teatrale a copertura di una degradazione sostanziale, ne ha fatto una caricatura, l’ha celebrata di fronte e pugnalata alle spalle trasformandola al tempo stesso in alcunché di brutale e di ridicolo, di minaccioso e di abietto.ii Se oggi vi sono uomini che si vergognano di essere tali questo va bensì imputato all’opera demolitrice del femminismo ma deve essere parimenti assegnato a chi gli ha fornito la santabarbara delle giustificazioni ideologiche. E’ vero che tutte queste considerazioni si devono riferire più propriamente alla Destra reazionaria che a quella conservatrice giacché è una verità che le due non coincidono ma sulla questione dei sessi le differenze sono quantitative e non qualitative, di tono e non di sostanza, di linguaggio e non di prospettiva. Quello è il nucleo comune a dispetto delle infinite considerazioni e dei molteplici distinguo che si possono addurre. 
 
Quello dei sessi è un conflitto etico che la Destra tradizionalista non può combattere perché priva del necessario titolo morale perduto per aver deturpato l’immagine e pervertito i fondamenti di tutto ciò che appartiene al maschile. Su questo scempio della maschilità si è gettato avido e feroce il femminismo. 
 
i Fatto accaduto al Senato nei primi giorni di ottobre del 2003 quando un gruppo bipartisan di deputate si presentò con la scritta: “Nessuna legge contro il corpo delle donne” sulle T-shirt contestando la legge sulla fecondazione artificiale (poi approvata).
ii Cultura reazionaria, nazionalismo e Futurismo portarono al parossismo lo stereotipo del maschio bruto, vile e sanguinario, icona cui il Fascismo in quanto tale aggiunse ben poco e che il femminismo avrebbe fatta propria incondizionatamente: “…abbiano il coraggio di essere bestiali, brutali, barbari…”, da Maschilità di G. Papini del 1917 ne L’immagine dell’uomo, lo stereotipo maschile nell’epoca moderna di G. L. Mosse, Einaudi, Torino 1997, p. 207.

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