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3.4.4 La sinistra nella guerra dei sessi

La GNF è un racconto universale che fornisce una nuova interpretazione di tutta la Storia (e della Preistoria) letta sotto l’ottica del conflitto tra i sessi, di un contrasto e di una opposizione che ne rappresentano il filo conduttore. Essa descrive la vita delle donne, in ogni luogo ed in ogni tempo, come storia di orrori e di violenza, di sfruttamento e di stupri. Un calvario senza fine, una inumana tragedia, un orribile inferno: schiave da sempre, schiave ovunque. Schiave. In questo millenario conflitto il genere maschile è quello oppressore e sfruttatore, quello contro il quale le donne devono combattere. 

Maschio=oppressore è l’equazione stabilita dalla GNF e adottata nel corso degli ultimi decenni da tutta la Sinistra comunque denominata la quale ha abbandonato le ideologie dell’Ottocento per far propria, insensibilmente ed in parte inconsciamente, quella femminista, sostituendo alla borghesia il genere maschile ed al proletariato quello femminile. Le conseguenze sono tanto inevitabili quanto evidenti, con questa assunzione gli uomini hanno perso radicalmente, agli occhi del pensiero progressista, il diritto di difendere il loro posto nel mondo. Essi formano il Genere sfruttatore e perciò le loro parole non sono altro che lamentele del potente che sta perdendo il potere, i loro diritti privilegi, la loro verità menzogna; le loro sofferenze saranno giuste ed inevitabili (quelle del padrone che vede fuggire le schiave), le loro angosce e le loro disperazioni niente più che quelle necessarie ed attese perché nascenti dalla fine del loro dominio, il loro male sarà inesistente e, se esistente, utile e benvenuto e tutto finirà sotto l’etichetta irridente di “patetica crisi di identità”. La loro esperienza una tragicommedia.

Così anche i gesti disperati ed estremi dei padri-kamikaze che, sradicati dal loro ruolo in famiglia, distrutti dai ricatti e dall’esilio degli affetti, privati del futuro, e cioè del Senso, commettono stragi e poi si suicidano, non porteranno a sospettare che qualcosa non vada, non faranno dubitare che forse si è superato il segno e non verranno letti come segnali di una sofferenza vera, degna di rispetto e di attenzione, rappresenteranno invece gli ultimi criminosi rantoli del prevaricatore. La Sinistra sa perfettamente che i kamikaze nascono là dove vi è oppressione e sopraffazione unite all’assenza di ogni prospettiva di successo, sa che nascono quando non esiste un fronte riconosciuto sul quale si possa combattere apertamente inquadrati in un esercito e distinti da una divisa, quando viene a mancare il riconoscimento di combattente; qui, e solo qui, non si vede che, per spingersi a tanto, quegli uomini devono aver toccato il fondo della disperazione, dell’angoscia e della nientificazione. Dato il presupposto, questa cecità ed impermeabilità alla voce maschile sono inevitabili. 

Accade così un fenomeno sorprendente, la sostituzione dell’ideologia marxista con quella femminista, del cui avvenimento la stessa Sinistra non ha chiara percezione, ha come effetto quello di consegnare alla parte politica avversa l’intera questione maschile. Rifiutando a priori anche solo di prendere in considerazione l’ipotesi che i maschi possano avere delle ragioni contro le femmine, essa regala alla Destra l’intera gestione della causa di mezzo Occidente. Un atto di autolesionismo, una corsa al suicidio inevitabile sì, ma pur sempre sorprendente. Sui suoi giornali, dai suoi intellettuali, non una parola che non sia di condanna, di derisione, di svalutazione, di invito alla conversione degli uomini. Un nuovo offuscamento ha colpito quella parte politica, già cento volte in ritardo, già cento volte in errore. E questo, per quanto se ne sa, potrebbe essere l’ultimo.

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