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2.4.6 Mantenimento a vita

Al momento della separazione il marito è chiamato a versare l’assegno di divorzio potenzialmente per tutta la vita. In questo ambito è necessario distinguere tra quel che dice la legge e quel che sentenziano i tribunali. La legge non prevede che alla donna sia garantito lo stesso standard di vita di cui godeva nel matrimonio né attribuisce al marito la colpa del divorzio (la c.d. ‘imputazione’) da cui deriva l’erogazione dell’assegno in aggiunta agli alimenti, né prescrive che la casa sia di regola lasciata a lei, né vieta che quella di sua esclusiva proprietà possa essere lasciata al marito, né attribuisce alla donna, oltre al resto, il diritto ad un risarcimento per danni,i e tantomeno stabilisce esplicitamente che, sposandosi, essa abbia diritto al mantenimento a vita senza alcun dovere simmetrico. Tutto questo è stato decretato dai tribunali al di là della legge, come conseguenza inevitabile del diverso valore che questa epoca assegna ai due.
Gli alimenti e l’assegno di divorzio sono intesi come pagamento posticipato dei servizi resi durante la convivenza e quella metà del reddito maschile di cui la donna beneficiò viene così cancellata, e, come se quell’attività non avesse mai ricevuto alcun compenso, il maschio è trasformato in debitore illimitato, giacché non vi è un termine al di là del quale egli sia liberato dal dovere. Se la donna trova un’occupazione l’assegno può essere ridotto e persino azzerato ma può essere riportato al livello originario o superiore se essa perde il lavoro. Una sentenza del settembre 2002 imponeva il ripristino dell’assegno a favore di una divorziata rimasta poi disoccupata. L’ex marito è tenuto ad erogare individualmente la “cassa integrazione”.ii

Di più, è stato sentenziato che quando la separata va in pensione, subendo una riduzione delle entrate, maturi senz’altro il diritto ad un assegno che la riporti al livello reddituale precedente ed in tal modo essa ha diritto non solo alla cassa integrazione ma anche al “vitalizio compensativo”.iii Giustificare l’assegno con il precedente sfruttamento subito nella vita domestica costituisce ovviamente una trovata beffarda come è provato dal fatto che lo stesso invariato diritto compete alla moglie del riccone che con il reddito di lui si è pagata colf e maggiordomi e che perciò non solo non ha fatto nulla per il partner ma anzi ha potuto pagare chi svolgesse per lei anche quelle attività che ogni single è comunque costretta a svolgere a favore di se stessa. La magistratura italiana ha fatto piazza pulita di questa leggenda riconoscendo il pieno diritto al mantenimento anche quando non vi è mai stata convivenza.iv L’assegno di divorzio poi, per imposizione giurisprudenziale, deve essere aggiornato in relazione all’incremento del reddito di lui come se i suoi successi economici successivi traessero origine da una qualche invisibile energia trasmessagli dalla ex durante la convivenza.
Non esiste altra attività economica che renda tanto e che goda di tante tutele, garanzie e privilegi come quella, “non remunerata”, della casalinga. Tutto ciò però ancora non basta e per questo emerge periodicamente la questione dello stipendio pubblico alle casalinghe cui esse avrebbero diritto e che solo la condizione delle finanze pubbliche rende improponibile.
A questo si aggiunge la questione del pensionamento riguardo al quale il principio di equità oggi vigente impone che chi muore prima vada in pensione dopo.v


i Cassazione, giugno 2003. Conservo un ritaglio senza data. Il risarcimento ammontò a 7.500 euro. “Non è molto ma quel che conta è che si è costituito un precedente”, commentò l’avvocato della donna.
ii Cassazione, sentenza n. 13860/02. Vedi il commento concorde di A. M. Bernardini De Pace su “Io Donna”, 14.12.2002, p. 414.
iii Cassazione, sentenza n. 16912/03, ANSA, Roma 26.11.2003. Il vitalizio va corrisposto anche se prima non era previsto alcun emolumento alla ‘ex’.
iv Cassazione, sentenza n. 17537/03 del 19.11.2003.
v La donna media gode della pensione per 24 anni, l’uomo per 12. Alla morte prematura dei maschi si aggiunge il pensionamento anticipato delle femmine, come se degli accantonamenti avessero redditività diversa, quelli femminili in grado di garantire la stessa rendita per un doppio numero di anni.

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