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3.8b.4 Consumismo e bisogni

Contro il consumismo, carattere indiscusso di questa società, sono schierate quasi tutte le forze politiche, gli intellettuali di tutte le scuole e le più disparate formazioni sociali, Chiesa compresa. Questo gran numero di nemici non ha fatto altro che conferirgli molto onore dal momento che quel fenomeno si è sviluppato senza incontrare resistenza, ha trionfato in Occidente e sta conquistando il mondo. Si sa che i tre quarti del reddito sono spesi dalle donne, che lo shopping è prerogativa femminile per antonomasia e che la soddisfazione dei bisogni è una pulsione di polarità femminile, cose queste delle quali le donne non fanno mistero. Alla caduta del Muro la femminista Gloria Steinem osservò che si era finalmente realizzata una rivoluzione di stampo femminile dal momento che, anziché con una carneficina, quell’evento si concluse con lo shopping. Metafora significativa con la quale, oltre a bastonare i maschi, si unifica la vittoria dell’Occidente capitalista con quella del consumismo. 
 
Si sa che le novità, l’effimero ed il contingente sono aspetti graditi al mondo femminile e nel contempo che il sistema industriale non è altro che un grande circolo nel quale si produce oggi una fantasmagoria di paccottiglia da gettare domani (“Morirete sepolti dai vostri rifiuti” profetizzò Capo Seattle). A chi sia rivolta la maggior parte della pubblicità è noto ed è noto pure che la creazione di nuovi bisogni e la loro pronta soddisfazione formano uno dei meccanismi che alimentano il ciclo interrompendosi il quale sull’intero sistema incombe il tracollo. L’analisi dei motivi per i quali femminismo e capitalismo, ad onta delle critiche del primo al secondo, sono, più che compatibili, direttamente complementari, ci porterebbe troppo lontano. A rappresentarne la reciproca funzionalità basti la seguente considerazione: i due, nati nella stessa Civiltà e coevi, si sviluppano contestualmente da un paio di secoli e da cinquant’anni a questa parte, da quando il secondo ha prodotto la società postindustriale e consumistica, sono cresciuti insieme in modo esplosivo, formando un’accoppiata che lavora in sinergia per dare al mondo intero un’unica forma. Nessuno dei due ha messo in crisi l’altro e quando due processi si sviluppano contestualmente per un lungo periodo di tempo e si intrecciano senza danni reciproci, il sospetto che siano complementari ed omogenei diventa più che fondato. “Il femminismo è un fenomeno eminentemente capitalistico”, scriveva Schumpeter e il supermarket è finalmente il luogo logico, etico e materiale nel quale si incontrano femminismo e società industriale avanzata del libero mercato. Un tandem vincente che non trova ostacoli.i
i Quest’affermazione di J. A. Schumpeter risale al 1954 (in Capitalism, Socialism, Democracy, Allen & Unwin - London; trad. it. Capitalismo, Socialismo, Democrazia, Etas Libri, Milano 1967), cfr. P. Melograni, La modernità e i suoi nemici, op. cit., p. 171.

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