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3.2b.4 Il rischio

Ai maschi natura e cultura non hanno riservato soltanto la fatica ma anche ogni attività rischiosa e pericolosa tanto sul piano materiale quanto su quello delle responsabilità sociali, civili e penali. Dove vi è rischio per la vita e pericolo per la salute, là c’erano e ci sono gli uomini. Questo fatto si manifesta in modo eclatante nelle morti sul lavoro, dove a fronte di 1.100/1.300 maschi caduti ogni anno in Italia, vi sono poche decine di femmine, da 60 a 80. Nella stessa proporzione stanno gli invalidi e i feriti. Questo dato rappresenta in modo che più chiaro non si potrebbe il prezzo pagato dagli uomini sul fronte delle attività produttive. Rapportato ai soli paesi industrializzati e riferito al solo ultimo secolo esso porta la somma ad alcuni milioni di uomini morti sul lavoro a fronte di alcune decine di migliaia di donne. L’enormità della sproporzione è tale da indurre a sospettare (per chi provenisse da un altro pianeta) che vivano sulla Terra due diverse specie di bipedi. 
 
Questo dato, pur essendo lontano dal rappresentare la realtà, manifesta l’estensione di quella Cavalleria maschile che non consiste nel tenere la porta aperta alla collega (gesto oggi offensivo e suscettibile di denuncia). La Cavalleria negata ed irrisa, offesa e denigrata, anzi rovesciata nel suo significato e trasformata in “offensiva espressione di sciovinismo” e “in oltraggiosa manifestazione di paternalismo”, è appunto la fonte di questo secolare (in realtà millenario) farsi avanti verso la morte al posto di Lei che gli uomini si sono sin qui onorati di praticare. Ma i pericoli fisici sono solo una parte dei rischi che ogni attività economica impone, vi sono poi anche, e in continua crescita (il particolare non sfugga), quelli civili e penali che comportano risarcimenti in denaro e/o pene detentive. Questo è un altro ambito nel quale i maschi mantengono il monopolio, e, a quanto pare, si ostinano a non volerlo cedere. 
 
Queste responsabilità derivano da varie categorie di fatti, principali essendo quelli connessi all’impiego di energie o di prodotti potenzialmente pericolosi, ovvero all’azione dannosa di personale subordinato del cui comportamento si debba rispondere, la c.d. ‘responsabilità oggettiva’. L’uso diretto di oggetti e dispositivi pericolosi è tutto maschile: autocarri, aerei, navi, treni, mezzi pesanti da cantiere o per l’agricoltura, impianti di tutte le tipologie e funzioni, dispositivi, macchinari ed apparecchiature, strumentazioni e congegni, prodotti chimici di ogni genere sono guidati, gestiti, controllati, condotti, manipolati da maschi. Tutto ciò che può deviare, sbandare, deragliare, dirottarsi, tracimare, diffondersi, espandersi, esplodere, inquinare provocando danni e lesioni è nelle loro mani ed accade necessariamente che, prima o poi, qui o là, qualche fatto dannoso si verifichi. Di esso sono chiamati a rispondere in via immediata quelli che direttamente guidano, pilotano, controllano; la scrivania non può esplodere, non può uscir di rotta, ma guidando per quarant’anni un autotreno è impossibile che non si provochi almeno un incidente. Non solo sono maschi coloro che maneggiano cose pericolose, lo sono anche coloro che rispondono del comportamento altrui, capisquadra, capireparto, quadri, institori, imprenditori, dirigenti e direttori. Maschi in grandissima maggioranza nel complesso e maschi quasi totalmente nelle imprese private, stato di cose confermatissimo dal racconto della GNF che vi vede un’altra roccaforte, una delle ultime da espugnare, del potere maschile. Sono tutte posizioni di rischio che, a prescindere dalla colpa, inevitabilmente, ineluttabilmente portano in tribunale quelli che le ricoprono. Maschi. 
 
Questa è un’altra faccia di quel poliedro che natura e cultura, insieme, hanno plasmato, come fattuale riconoscimento della grandezza femminile e ad onore degli uomini ma che, in un conflitto per il potere totale nel mondo dell’etica doveva essere prima scheggiato e poi frantumato. Ci si chiede, forse, perché mai la Cavalleria maschile non potesse essere rispettata, pur nell’attacco generalizzato contro il Genere sciagurato, e salvaguardata come un tempio sacro ed inviolabile visti gli immensi vantaggi che le donne ne traggono. A suo tempo infatti tutti quei rischi ed i conseguenti prezzi pagati godevano di ben altra considerazione. Nessuno riteneva che i responsabili non dovessero rispondere ma anche il fio pagato era considerato parte di un nobile obbligo, di un destino degno di rispetto, quello degli uomini che, soli, potevano e dovevano farsi carico, per conto di tutti, delle conseguenze degli errori in tutte le loro forme. Era quella l’epoca patriarcale. Ma proprio perché quel prezzo era fonte d’onore per gli uomini che lo pagavano, proprio per questo il Cavalierato maschile doveva essere abbattuto. Fu così che tutte le forme espressive della Cavalleria vennero attaccate rovesciandone il senso e liquidate come manifestazioni dello sciovinismo maschilista, tutti i gesti classici di cortesia, di anticipazione e di sostituzione vilipesi e denigrati, perché attraverso essi gli uomini rendevano palese onore alle donne ma anche a se stessi. Da ciò raccoglievano Senso.

Solamente le manifestazioni della Cavalleria dovevano essere censurate, la sostanza, quel rischiare e quel morire per la Donna e in luogo della Donna, dovevano essere negate e dissimulate. Così il genere femminile continua a beneficiare dell’effetto Titanic senza che però quel dono appaia agli occhi del mondo, senza che torni più ad onore degli uomini e ne riscaldi il cuore. Il famigerato “Prima le donne e i bambini” (assunto come dileggiante titolo di un saggio da parte di una storica femminista italiana)i va dunque denunciato come offensivo perché inferiorizzante, mentre l’immensa realtà del sacrificio maschile va tenuta nascosta, dissimulata, rovesciata nel suo opposto e al tempo stesso, come vedremo, estesa e approfondita. Che l’onere si incrementi e, nello stesso tempo, l’onore scompaia.

i E. Gianini Belotti, Prima le donne e i bambini, Feltrinelli, Milano 1998.

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