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3.6.11 Dipendenza sessuale

E’ stucchevole ovvietà che quello sessuale sia uno dei massimi o forse il massimo piacere che gli esseri umani possano provare. Molti filosofi hanno affermato che, alla fin fine, il piacere in se stesso non sia altro che l’allentamento di una tensione, il lenimento di una sofferenza, l’uscita da un dolore e che, consistendo nella semplice soddisfazione di un bisogno, non rappresenti niente più che la fine di una condizione spiacevole, lettura poco entusiasmante della realtà, talvolta contestata ma al tempo stesso condivisa da molti. Se in questa ipotesi vi è qualcosa di vero, allora ogni maggior bisogno insoddisfatto diviene maggiore sofferenza, ogni impossibilità di riempire quel vuoto, maggior dolore. L’altra faccia del piacere sarebbe allora la sofferenza e l’altra faccia di un grandissimo piacere una grandissima sofferenza, perciò dall’eventuale riconoscimento che il bisogno degli uomini è più grande, più bruciante, più urgente seguirebbe che altrettanto più grande è il loro disagio e la loro sofferenza nel mancato appagamento. 
 
Se le cose stessero così il genere femminile non potrebbe sottrarsi dall’andare incontro a questo disagio, dal curare questa malattia, in una parola, dal riconoscere l’esistenza di doveri sessuali nei confronti degli uomini, meno ancora potrebbe farlo il femminismo, paladino e campione non solo dell’eliminazione delle sofferenze dal mondo ma anche del soddisfacimento dei desideri sessuali sia degli uni che delle altre, entrambi alla fin fine vittime di secolari repressioni. Il riconoscimento dell’esistenza di una profonda disparità ormonale, letta come maggiore sofferenza e disagio maschili, non potrebbe restare senza risposta, dovrebbe far nascere il dovere sessuale femminile verso gli uomini nella duplice direzione della disponibilità al sesso gratuito e senza condizioni e della limitazione di quei comportamenti, esposizioni ed esibizioni che incrementano quella già fortissima pulsione. Ma cosa distinguerebbe questo nuovo condizionamento da quello antico espresso dallo slogan “lo facevano per dovere”? Cosa distinguerebbe il controllo del linguaggio del corpo dalla millenaria repressione maschilista del comportamento femminile? La fine di ogni dovere nei confronti degli uomini e il diritto femminile di comportarsi come pare e piace prescindendo dagli effetti sui loro sentimenti esigono che semplicemente si neghino quel bisogno e quella sofferenza, esigono la negazione assoluta di ogni disparità nel bisogno e nelle sue forme. Ad ogni dogma il suo scopo.

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