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4.1.11 Storia segreta degli uomini

Gli uomini sono accusati di non esprimere i loro sentimenti, di non manifestare ciò che sentono e ne viene denunciata la freddezza e sottolineata l’insensibilità. Essi sono dunque accusati di non esprimere quei sentimenti che non hanno e di non esternare quella sensibilità che non possiedono. Ancora, non potendosi negare che sappiano odiare, disprezzare e agire di conseguenza, si suggerisce che sono bensì capaci di sentimenti e che sanno anche manifestarli, ma solo sul versante negativo. Anche tralasciando questi simpatici corollari, il teorema secondo cui le donne sarebbero più sensibili degli uomini è universalmente affermato e comunemente accettato sul solco di una interpretazione che, pur essendo vecchia di secoli, il femminismo non ha smentito dal momento che quando un pregiudizio torna utile non vi è ragione di sconfessarlo e si può chiudere un occhio anche sulla sua sospetta origine maschilista.
Questa leggenda universale si fonda su due ipotesi davvero dozzinali. La prima giura che il grado di sensibilità è direttamente proporzionale alla sua manifestazione e che pertanto dove questa sia scarsa o assente si possa e si debba dedurre che anche quella sia inesistente. Se all’interno vi fosse del calore, così si ragiona, all’esterno si vedrebbe un qualche sommovimento. La seconda convinzione prevede che esista una forma canonica, naturale e ortodossa nell’espressione dei sentimenti e che essa corrisponda senz’altro a quella femminile. Esemplarmente, è un refrain l’accusa agli uomini di non piangere, di non esternare il proprio dolore, i propri disagi, in tutte le loro forme con una copiosa produzione di lacrime sul modello femminile. L’idea che gli uomini soffrano anche quando non piangono e, più ancora, che la stessa assenza di lacrime costituisca un’aggravante di quel dolore è esclusa a priori, così come lo è l’ipotesi che essi affidino l’espressione delle loro sofferenze ad altri comportamenti, magari insospettati perché laterali, traslati nel tempo e in apparenza del tutto inadatti a veicolarla. Magari con il silenzio anziché con le parole, con l’azione anziché con le lacrime.
Ma insomma, perché non piangono? Perché, a differenza delle donne, dalle lacrime non ricavano nulla. Il pianto è infatti (anche) una potente forma di comunicazione e perciò di condizionamento e che gli uomini siano sensibili alle lacrime femminili non è in discussione. Come letteratura, psicologia ed esperienza universale insegnano, si tratta di uno strumento di tanto sicura efficacia da poter essere usato ad arte, una vera arma manipolatrice. “Potere acqueo” lo definì Adler, arma capace di “ridurre gli altri in condizione di schiavitù”.i La sua potenza risiede nella capacità evocativa di quell’effetto Titanic che induce gli uomini all’azione, anche autolesionista, pur di andare incontro ai bisogni della parte biologicamente più importante e per questo stesso motivo, specularmente, le lacrime maschili non producono nelle donne alcun effetto paragonabile, tutt’altro.
Un maschio che piange confessa di non aver capito di appartenere alla parte spendibile dell’umanità, quella chiamata dall’ineludibile ordine naturale ad agire, a soccombere per l’altra, ed è questa sua stoltezza a renderlo ridicolo. Un maschio che piange è un uomo che aspira a ridiventare bambino o a trasformarsi in donna assegnandosi un valore che non ha, uno che rinnega il suo compito e mendica quell’aiuto che è incapace di dare a se stesso. E’ per questo che il maschio lacrimoso, carattere di quel soft man che il femminismo sta producendo, in realtà alle donne non piace perché le imbarazza e le sconcerta lasciandole impotenti ad assolvere un compito di soccorso che è radicalmente antinaturale giacché è inconcepibile che chi vale di più soccomba a favore di chi vale di meno. Ma in questa guerra, ancora una volta, quel che è un privilegio femminile ed un onere maschile doveva venire rovesciato e trasformato in motivo di detrazione. Secondo l’ordine morale vigente i maschi dovrebbero impiegare le stesse forme espressive delle femmine adottando, tra l’altro, quella verbalizzazione dei sentimenti che così specificamente le caratterizza e che in sé, al pari di infiniti altri aspetti, non è né buona né cattiva, ma ha certe funzioni e certi effetti (interni ed esterni) che variano a seconda dei contesti. Se parità valutativa esistesse, anche le modalità maschili dovrebbero essere giudicate allo stesso modo senza ricorrere al ‘più’ e al ‘meno’, ma è questa disimmetria nel giudizio a caratterizzare questa stagione.
Quali siano i sentimenti degli uomini, come maturino, cosa provochino, come vengano diversamente espressi, quanto costi il loro apparente nascondimento, a cosa questo giovi e cosa comporti son cose che appartengono al racconto maschile, quello che pur traspare sin troppo chiaramente nella vita quotidiana e nella letteratura e che viene colto dalla psicologia, capitolo di una narrazione misconosciuta e negata al punto che gli stessi uomini hanno finito con l’adottare l’altro, quello secondo cui essi sarebbero creature del tutto fredde e insensibili.
La tesi, oggi diffusissima e politically correct, delle donne più sensibili degli uomini è uno degli esempi più straordinari che io conosca di interiorizzazione di un’autodistruttiva menzogna; il risultato di uno dei lavaggi del cervello più riusciti e scellerati a livello collettivo che si possano immaginare; una delle adesioni inconsce ad un processo di autosvalutazione che più ingiustificato non si può concepire: non esiste che poesia al maschile (e penso si tratti di sensibilità), non esiste che estetica al maschile (ed estetica vuol dire percezione sensoriale), non esiste che musica al maschile (e presumo che per comporre la Nona si debba essere sensibili), non esiste che arte pittorica al maschile, non esistono grandi fondatori di religioni che non siano maschi. Non esiste ricerca medica che al maschile, non esiste riflessione scientifica, filosofica, metafisica, teologica che al maschile e riflettere vuol dire sapere che oltre a ciò che si vede vi è anche quel che si sente”. Così si esprime, con passione mista a stupore, Cesare Brivio che parla in questo modo pur avendo, e proprio perché ha, limpida coscienza che quelle verità oggi non hanno cittadinanza.
La quasi totalità della creazione umana è espressione dei sentimenti degli uomini che manifestano la loro sensibilità rispetto al cosmo e al mondo semplicemente in modo diverso, come gravitanti verso un’altra polarità. Essi nascondono i loro sentimenti nel semplice senso che non ne parlano giacché non sono né le lacrime né le parole il canale privilegiato della loro espressione. Essi parlano con i gesti, con l’azione, con quell’esercizio ciclico di creazione/distruzione che ne caratterizza lo stare nel mondo. Lasciano che siano le loro opere a parlare, nel bene e nel male. E’ noto che di fronte ad una situazione di paura, di sfida, di incertezza, la reazione fisiologica maschile si concentra nel cuore mentre nelle donne si diffonde in tutto il corpo. Nei maschi l’emozione si raccoglie là, nel motore dell’azione, nelle donne pervade l’intera fisicità e tutto questo accade come se i due fossero davvero profondamente diversi.
Questa diversità, nella quale non è possibile rinvenire alcun ‘più’ né alcun ‘meno’, né un meglio o un peggio, fa parte di quel diverso modo di stare al mondo che deve ancora essere chiarito nella sua profonda struttura, delucidazione che, impostata finalmente sul piano della pura epistemologia, illuminerà non solo questo ma tutti gli aspetti dell’esperienza esistenziale degli uni e delle altre. Ragionevoli considerazioni, certo, che oggi lasciano il tempo che trovano giacché non è ancora maturato il momento nel quale si possa tessere il grande racconto dell’esperienza degli uomini o abbia senso individuare la struttura portante della relazione maschile con il mondo. Questa digressione è solo un esempio di quel che gli uomini direbbero se la loro verità avesse un qualche valore, una pagina della loro storia segreta. Qui non ci occupiamo di quel che essi provano né di quel che racconterebbero se potessero ma delle ragioni per le quali quel racconto è impossibile; non dei fondamenti delle loro parole ma delle cause del loro silenzio.
Sì, anche gli uomini piangono e oggi più di una volta, ma anche oggi, come un tempo, le loro lacrime cadono, silenziose ed invisibili, al di dentro.
i A. Adler, Cos’è la psicologia individuale, op. cit., p. 43.

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