Top Slide Menu

3.3.22 L'era della paura

La fine della regola e l’abolizione del confine creano la paura e la paura è il più fondamentale, il primo strumento in senso logico, etologico, evolutivo, psicologico, il più immediato dei mezzi con i quali imponiamo agli altri la nostra volontà. Ora, nel conflitto tra i sessi, essa è al tempo stesso celebrata e negata; “Le donne fanno paura” è potuto diventare il titolo di un libro perché è uno slogan utile con il quale le donne occidentali celebrano la loro potenza e la pochezza del nemico, al tempo stesso è però imputata agli uomini i quali la negano e la patiscono coltivando un sordo sentimento al quale non sanno che nome dare. Tutta la loro vita e tutta la loro esperienza quotidiana sono pervase dall’incertezza sulle decisioni che verranno prese nei loro riguardi, sull’interpretazione che verrà data del loro comportamento e delle intenzioni che lo animano, tutti i gesti di relazione con le donne possono essere riferiti alla sfera sessuale e catalogati come offesa, discriminazione, maltrattamento, tutti i contatti fisici possono essere qualificati come molestie e tutti i rapporti come stupri. Può loro accadere di diventare padri contro la loro volontà o di vedersi sottratte paternità desiderate, possono essere cacciati senza preavviso da quella stessa casa dalla quale non possono allontanarsi senza permesso, vedersi sottrarre quote cospicue di reddito, essere ricattati come padri separati, sentirsi accusare di abusi e violenze definite alla luce delle più inverosimili prospettive psicologiche e collocate in qualsiasi momento del passato. Possono vedersi imporre paternità che la prova del Dna esclude, persino paternità della cui inesistenza si fa testimone la stessa moglie.i Possono essere denunciati da qualsiasi collega per qualsiasi motivo, non hanno voce e non hanno difesa. 

Questa è la verità degli uomini che oggi non può essere né gridata né sussurrata: la loro condizione negata. Qual è allora lo scopo inconscio di quella forza che si esprime nel femminismo? Non può essere quel che esso dichiara, deve trattarsi di qualcos’altro perché solo dagli effetti si può valutare il vero scopo di una ideologia, l’obiettivo finale di una qualsiasi utopia. Non la sottrazione della libertà fisica a pochi con la prigione materiale ma il furto di quella psicoemotiva a tutti attraverso la cattura, l’ammanettamento, l’imprigionamento morale dell’intero Genere. “Tremate, tremate le streghe son tornate!”: le vittime antiche e nuove escono dunque dalle loro tombe brandendo la spada del Passato, dell’Altrove e dell’Attuale per far tremare gli uomini di colpa e di vergogna, di sospetto e di paura. 

Viene così alla luce una verità occulta e tanto più difficile da accettare in quanto noi stessi non possiamo, non vogliamo credere che si tratti di questo: non la prigione delle catene, ma quella della paura, non l’incatenamento del corpo ma la schiavitù dell’anima, le mani sull’anima degli uomini, la violazione del loro essere, la conquista della loro mente. La probabilità di finire in prigione innocenti per false accuse femminili è destinata ad incrementarsi grandemente, basti pensare che negli Usa, dove, secondo la Cavarero, “i princìpi della cultura femminista sono diventati patrimonio comune”, il numero dei condannati supera di decine di volte quello degli altri paesi,ii eppure non è questo che gli uomini dovrebbero temere, li dovrebbe spaventare di più la coscienza di quella dipendenza, quel consegnarsi al giudizio erratico ed imprevedibile della donna, al suo “cambiare idea”, quell’attribuzione alle donne del potere di giudicare i loro sentimenti e i loro gesti. Ma la paura degli uomini giace oggi nel profondo, oscura ed invisibile alla loro coscienza al pari degli altri mali che li colpiscono e dei quali non conoscono il nome. 

i Cassazione, sentenza n. 14887. Vedi anche “La Repubblica”, 24.10.02, p. 22.
ii La quota dei condannati per violenza sessuale negli Usa supera di 73 volte quelli del Giappone, di 50 volte la Svizzera, di 15 volte la Grecia, Fathers Manifesto - Christian Party, maggio 2003, di seguito affermazione di Adriana Cavarero su “L’Espresso”, n. 2/2003, p. 107.

0 commenti:

Posta un commento

I messaggi anonimi non verranno pubblicati.
Inserire Nome nell'apposito campo