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3.6.15 Prostituzioni

Secondo la GNF le donne si prostituiscono perché costrette dalla povertà o dalla violenza dei loro sfruttatori, perciò in assenza della prima e dei secondi non lo farebbero. Ora, poiché la prostituzione (“Un ‘crimine’ voluto e richiesto dal maschio”)i è sempre esistita, deve seguirne non solo che sempre sono esistiti individui o gruppi maschili che l’hanno imposta alle donne, ma anche che l’umanità è sempre vissuta nella povertà, carattere dell’intera sua storia sino all’avvento della società dell’abbondanza che però non l’ha debellata neppure in Occidente, come prova il fatto che qui la prostituzione non solo non è scomparsa, ma semmai è aumentata. Questo racconto parla dunque delle cause che impongono alle donne di prostituirsi. La povertà evoca l’ingiustizia nella distribuzione delle risorse che trova la sua causa nel potere maschile. La prostituzione dunque è voluta o causata dagli uomini, restando da spiegare perché mai il genere maschile abbia creato un sistema in cui si trova costretto a pagare per ciò che poteva ottenere gratuitamente. Quelle sono in ogni caso, secondo la GNF, le ragioni per le quali le donne si prostituiscono, ciò di cui sin qui mai si è parlato è invece il motivo per cui gli uomini vadano per sesso a pagamento. La domanda sembra così stucchevole da non meritare risposta, tuttavia noi daremo quella risposta: i maschi vanno per sesso a pagamento perché trovano piacere nel coito comunque si realizzi, la conclusione del coito è l’orgasmo e questo piacere è lo scopo dell’incontro. I maschi vanno per sesso a pagamento perché provano un immenso piacere nel praticare il coito, perché ne hanno il desiderio e perché l’assenza di orgasmo, l’impedimento alla eiaculazione, provocano in essi disagio e sofferenza. 

Questo è un tratto del racconto maschile ed è quel che sempre si è ammesso sino all’avvento del femminismo, quel che invece si dimentica, pur essendo parimenti banale, è che nessuno è mai disposto a pagare per qualcosa che può trovare gratuitamente, nessuno compera ciò che può avere gratis. I maschi dunque vanno a pagamento per soddisfare un desiderio-bisogno che non possono soddisfare in altro modo, perciò se il genere femminile avesse lo stesso desiderio e lo stesso bisogno, i due, posti su un piano di parità, si incontrerebbero senza alcuno scambio. Va da sé che essendo la prostituzione un male debba essere imputata agli uomini contro i quali vengono lanciate periodiche campagne di denigrazione e criminalizzazione con esposizione al pubblico ludibrio dei c.d. “puttanieri”, un paio dei quali nel Nordest d’Italia ha finito con il suicidarsi. Periodicamente vengono proposte nuove forme di controllo attraverso la pubblica gogna, quali, ad esempio, la ripresa in circuito chiuso delle strade e la proiezione delle immagini del baratto su megaschermi collocati in pieno centro.ii Ad aggravare la colpa degli uomini si sottolinea poi il fatto che le prostitute sono talvolta (e si vuol far credere sempre) ragazze costrettevi con la forza dopo essere state rapite o comprate. A questo si aggiungono le condizioni di esercizio del rapporto, i pericoli per l’igiene pubblica e l’indecoroso spettacolo cui si assiste in molte strade delle principali città. Tutto questo è però il frutto, come ognuno ben sa, di quel mezzo proibizionismo che vige in Italia e che produce gli effetti di ogni proibizionismo, senza eccezioni.

Così i nemici della prostituzione usano gli effetti del proibizionismo da essi voluto come capo di imputazione, come aggravante del “vergognoso” commercio a carico dei maschi. “Donne schiavizzate per uomini colpevoli” titolava un volantino distribuito per le strade e nelle scuole di Brescia nel 2000.iii La soluzione proposta dai nemici della prostituzione è semplice ed elegante: i maschi non devono andare per sesso a pagamento trattandosi del puro e semplice appagamento di un capriccio cui devono rinunciare. Qui essi sostengono che il singolo orgasmo sia un capriccio e sembra quasi che abbiano ragione, ma la vita sessuale è appunto un insieme di gesti e di orgasmi che ne sono la naturale conclusione e perciò l’intera attività sessuale può legittimamente essere definita una lunga serie di “capricci” cui si può rinunciare. 

I maschi che vanno per sesso a pagamento appartengono ovviamente a due categorie, coloro che hanno una compagna e coloro che non hanno nessuna. Quanto ai secondi la c.d. “rinuncia al capriccio” coincide con qualcosa che non si osa annunciare e che meno ancora si può proclamare esplicitamente in epoca di “liberazione sessuale”, l’astinenza. Così agli uomini senza compagna, ai milioni di single il cui numero è in crescita ed a cui si aggiungono le centinaia di migliaia di immigrati senza nessuna, viene proposta la pura e semplice continenza a tempo indeterminato, insomma la castità. Questa conclusione viene regolarmente sottaciuta e quando ne viene evidenziata l’inevitabilità si risponde “che si trovino qualcuna”. Veniamo ora a coloro che hanno una compagna, fidanzata, convivente o moglie che sia, quelli che “si sono trovati qualcuna”. In questo caso la rinuncia al “capriccio” viene indicata come ovvia e dovuta, sotto l’universale presunzione che avendo una donna abbiano anche del sesso. Questa presunzione è tale che sui giornali femminili i “puttanieri” vengono persino descritti come uomini che vanno a praticare del sesso in condizioni indegne mentre a casa la loro compagna li attende più che disponibile, bruciante di desideri inappagati; è esclusa in partenza anche la sola ipotesi che avere una donna non implica per ciò stesso avere del sesso e soprattutto che non significa averlo in rispondenza a quelle pulsioni, a quei moti della passione che pure si celebrano e si cantano come degni e rispettabili e soprattutto che implichi l’averlo gratuitamente e liberamente e non viene presa in considerazione l’ipotesi che esso venga pagato in forme occulte ed invisibili. 

Tutte le statistiche degli ultimi vent’anni sulla vita sessuale delle coppie presentano una quota di maschi insoddisfatti che oscilla tra il 30 ed il 35%,iv cosa racchiudano queste cifre non è facile sapere soprattutto perché i maschi stessi non sono in grado di definire la loro reale condizione, non hanno le parole per descrivere lo stato nel quale si trovano; certo è che sin qui nessuno ha osato attribuire quella insoddisfazione maschile ad un eccesso di richieste da parte della compagna. L’esistenza di una relazione non garantisce agli uomini alcun diritto al sesso ne rappresenta solamente una precondizione, necessaria ma non più sufficiente come era invece quando le donne lo facevano per dovere, perciò quelle cifre nascondono una realtà ben diversa da quella che torna utile proclamare. Quello delle donne che impongono la castità ai loro mariti è un fenomeno occultato, un tabù. Ecco alcune cifre che, stante l’omertà che esiste sul tema, devono essere intese come indicative più che esaurienti e descrittive della realtà. La fine del sesso colpisce il 5% degli uomini dopo il terzo anno di matrimonio, il 10% dopo il quinto, il 15% dopo il decimo ed il 20% dopo il quindicesimo.v Non è difficile immaginare cosa accada più avanti, ma vi è qualcosa di nascosto anche nella quota dei maschi che non si lamentano della vita sessuale, numero che racchiude tanto coloro che ne sono davvero soddisfatti quanto quelli che si sono rassegnati alle modalità ed alla frequenza imposte dalle loro compagne e che hanno finito col considerare la vita sessuale che conducono come la sola possibile. 

Agli uomini non piace raccontare in giro di essere dei mendicanti né apparirlo davanti a se stessi, perciò il numero dei rassegnati che si definiscono soddisfatti obtorto collo potrà essere quantificato solamente quando essi avranno in mano le parole per definire la loro condizione, quando sapranno che parlando non saranno derisi. Prima di allora conviene dire e dirsi “nondum matura est” e fingere di non essere interessati a ciò che si sa di non poter comunque avere. In questo quadro diviene però chiaro cosa comporti per gli uomini associati ad una donna la rinuncia ai “capricci”, significa che essi si devono accontentare di quel che passa il convento il quale può passare molto, poco o nulla senza che essi abbiano voce in capitolo. Si tratti di sesso ardente o dell’elemosina, di attività selvagge o praticate in modo “civile e decoroso”, rimane certo che la fine della prostituzione cancellerebbe una via di fuga ed incrementerebbe decisamente il potere delle loro compagne e dell’intero genere femminile. 

Non vi è dunque da stupirsi che il femminismo osteggi tanto duramente la prostituzione: castità per gli uni e dipendenza senza vie di fuga per gli altri sono le soluzioni proposte. Quelli devono perciò “trovarsi qualcuna”, questi limitarsi a quel che viene loro concesso accettando la loro dipendenza e negandone l’esistenza. Resta da vedere perché mai coloro che hanno una relazione e quindi   a tutta prima   del sesso gratuito vadano poi anche a pagamento. Non solo, come abbiamo visto, a causa della insospettabile vastità della castità forzosa e del fatto che i maschi desiderano giochi e forme che le compagne non accettano, vi è una ragione più profonda, la sola in grado di spiegare perché i maschi “puttanieri” siano in Italia circa nove milioni, come annunciava nel 1999 con una copertina antimaschile uno dei più diffusi settimanali e come confermava una recente statistica, circa il 45% di quelli sessualmente attivi,vi un numero enorme la cui dimensione risulta stupefacente specie se si considera che vivremmo nell’era della liberazione sessuale (secondo il femminismo) e addirittura del libertinaggio più sfrenato, secondo i suoi (sedicenti) avversari. 

La ragione risiede nel fatto che, chiusa l’era dei diritti sessuali degli uomini dentro la coppia (azzerato cioè il valore delle loro pulsioni) il sesso che sembra gratuito è in realtà a pagamento, è un sesso che comporta un costo invisibile e non quantificabile ma che diventa visibile proprio attraverso il prezzo pagato sulla strada. Quel costo inconfessabile si chiama dipendenza ed il suo esercizio si chiama elemosina. Elemosina gratis, certamente. Quali che siano le ragioni per cui i maschi vanno in strada, si tratti di capricci o di bisogno, di diritto o di delitto, la sola cosa certa è che non pagherebbero se trovassero gratuitamente a casa quel che là ottengono pagando: i maschi vanno per sesso a pagamento perché non lo trovano gratis, per nessun’altra ragione che per questa. Il prezzo che pagano in casa si chiama dipendenza, soggezione morale, sottomissione psicologica. Chi chiede dipende. Con il pagamento i maschi si liberano della relazione perché questa è un costo in se stessa, è il prezzo invisibile, giacché anche dentro una relazione stabile e garantita per giungere al coito sono necessari comportamenti ed atteggiamenti costosi e vincolanti dei quali, potendo, ci si libera. 

Le conseguenze di questo diverso racconto spiegano perché venga liquidato come falso e provocatorio. Se si ammette che i maschi vanno per sesso a pagamento perché non lo trovano gratis e che il loro è un bisogno e non un capriccio, tutto si rovescia e si stravolge. Appare allora chiaro che quel bisogno non è soddisfatto in altro modo che pagando e che le donne non soffrono dell’assenza di sesso in quanto tale; considerato poi che quel bisogno è riconosciuto lecito e che reprimerlo è inconcepibile in epoca di liberazione sessuale, ne deriva un capo di imputazione a carico del genere femminile che si rifiuta di corrispondere ad un bisogno legittimo degli uomini. 

Il Genere erotico per definizionevii apparirebbe come speculatore dei più naturali bisogni dando a pagamento (magari per pochi soldi) quel che si rifiuta di dare gratuitamente, peggio, sotto una prospettiva globale, si potrebbe sospettare che   in un universale tacito accordo ­  si rifiuti di darlo gratuitamente proprio per poter ottenere dei benefici in contraccambio. Le cause della prostituzione si rovescerebbero e con ciò la colpa della tratta e delle schiavitù, degli sfruttamenti e dei “tristi spettacoli” sulle tangenziali. Il genere femminile diventerebbe allora colpevole dei danni che fa ed anche di quelli che subisce e i maschi gli obiettivi di un sistema di ricatto orchestrato ai loro danni ma a detrimento anche di alcune donne (le schiave). Una prospettiva inconcepibile, perciò, anziché affermare che i maschi hanno diritto al sesso e che non trovandolo gratis sono costretti a pagare, che sono la parte passiva nel fenomeno, si nega che di bisogno si tratti, si falsifica il racconto maschile sostituendosi ad essi nel descrivere la loro esperienza, irridendo al bisogno e denominandolo capriccio.viii

Al fine di togliergli ogni minima legittimità e quest’ultima, pur infima, scusante, ecco che una nuova verità viene ora messa in campo: i maschi vanno a pagamento per desiderio di potere e per volontà di dominio e quel tipo di sesso è una forma di esercizio della loro pervicace volontà di dominare, in tal modo non solo viene degradata ogni ragione del fenomeno ma esso viene anzi tradotto nell’esercizio di un danno coscientemente inflitto al genere femminile che non solo diventa vittima del fatto in sé, ma già in nuce, risulta colpito nella sua dignità dalle motivazioni che muovono gli uomini: la volontà maschile di dominare, una sorta di “orgasmo del potere” di cui quello fisiologico non sarebbe che una maschera. L’orgasmo dunque non è più il fine, ma una copertura, o tutt’al più un pretesto. E’ questa una verità nuova apparsa al principio di questo secolo e di cui mai si era sentito parlare innanzi, a farsi megafoni della quale non mancano ovviamente i maschi pentiti. Viene così rinvenuta la nuova vera causa di un fenomeno che la liberazione sessuale non è riuscita a scalfire ed il genere femminile esce ancora una volta innocente e vittima mentre un altro male che colpisce gli uomini viene usato contro di loro. Come deve essere in una guerra morale. 

Sin qui abbiamo data per scontata l’universalità della condanna contro la prostituzione contenuta nella GNF, ma si tratta di una assunzione incompleta perché questa è solamente una parte di quel grande racconto il quale afferma anche che le donne hanno tutto il diritto di vendere il loro corpo al miglior offerente purché ovviamente ciò avvenga per libera scelta, sia esercitato in condizioni di sicurezza ed igiene, senza sfruttamenti e meglio se con le tutele assistenziali e previdenziali previste per ogni altra professione. Codificazione questa che è divenuta legge in Germania nel corso del 2001 dove la prostituzione è stata parificata ad ogni altra professione, con tanto di imposizione fiscale ed assistenza sociale. Con ciò la GNF contiene due diverse interpretazioni dello stesso fenomeno. Da una parte lo si denuncia come istituzione che trasforma le donne in strumenti di piacere, in oggetti, dall’altra si rivendica il diritto femminile a disporre del proprio corpo dichiarando implicitamente che una prostituzione libera e volontaria può nascere solo d’ora in avanti mentre tra le prostitute del passato nessuna fosse tale per scelta. Ancora, mentre un ramo del femminismo proclama che anche la prostituzione volontaria è in realtà accettazione forzosa del coito e perciò stupro sistematico, un altro dichiara che essa è professione legittima ed onorevole. Le une sostengono che la volontarietà al coito non significa nulla perché la sessualità femminile richiede comunque quei preliminari eccitativi che predispongono il corpo alla penetrazione, in assenza dei quali ogni rapporto è vera violenza, le altre, riallacciandosi alla tradizione classica della prostituzione sacra, delle Etère e delle Geishe, rivendicano al nuovo potere delle donne la possibile trasformazione di quella professione e l’innalzamento delle interessate dai bassifondi della società ad un rango di alto valore estetico, culturale e simbolico, come accadde nel passato o, quantomeno, al livello di ogni altra attività di scambio. 

Se però la vendita del corpo (sotto opportune condizioni, “alla tedesca” per capirci) può rappresentare cosa lecita e persino un valore culturale, allora non si potrà bollare il maschio come puttaniere perché nel momento in cui viene riconosciuta dignità alla vendita non si potrà dichiarare indegno l’acquisto; non si potrà liquidarlo come sfruttatore e metterlo alla gogna e così il racconto femminista si manifesta per quello che è: un colossale processo di criminalizzazione dei maschi. Puttanieri restano i maschi italiani, ma tali non sono più quelli tedeschi, mentre viceversa gli svedesi sono addirittura delinquenti dal momento che vengono puniti con il carcere.ix Infatti, quanto al “capriccio”, se le prostitute di strada ne sono lo strumento, le altre (le tedesche) in cosa si differenzierebbero da queste? Quanto alla “volontà di dominio” se fosse vero che il maschio va a pagamento per questo motivo che differenza farebbe l’esser la donna schiava o Etèra, sfruttata o libera, svedese o tedesca? Oltraggio sarebbe sempre e comunque. Nella prospettiva di questa nuova prostituzione parificata o addirittura di alto rango vi è un altro elemento decisivo che rimane immutato e che si rischia di dimenticare: i maschi pagherebbero pur sempre a causa del fatto che non trovano sesso gratuito e questo aspetto che riguarda gli uomini è la cosa più importante per loro. Ancora una volta dunque è il femminismo stesso a distruggere le ragioni da esso addotte contro un fenomeno che vede imputati i maschi come se quel racconto e le sue argomentazioni fossero del tutto strumentali. Ed infatti esse sono parti della GNF, il grande racconto creato per la potenza del genere femminile e per l’annichilazione morale di quello maschile. Verità utili in una grande verità utile.

i Angela Giuffrida, “Il Gazzettino”, 27.06.2001, p. 25.
ii Soluzione adottata dal Comune di Porto S. Elpidio (AP) nell’ottobre del 2001.
iii Comunicazione di Marcello Menna. Campagna diffusa anche sui media, vedi “La Voce del Popolo”, Brescia, 15.03.2002, p. 9.
iv Un’indagine mondiale sulla sessualità (Global studies of sexual attitudes and behaviours) rivela una quota del 35% di maschi insoddisfatti. “La Repubblica”, 8.12.2002, p. 26.
v Ricerca di “Help me”, gruppo di sessuologi e terapeuti milanesi, “Il Gazzettino”, 25.06.2001, p. 5.
vi “Il Gazzettino”, 27.10.2002, p.7.
vii La concezione di quello femminile come del genere erotico è universale. Per una sintetica ricapitolazione di questo pregiudizio antimaschile può giovare F. Alberoni, L’erotismo, Garzanti, Milano 1998. Tralasciando gli Antichi, dai più disparati versanti si confrontino: C. Türke, Sesso e Spirito, Il Saggiatore, Milano 1995; A. W. Watts, Uomo, donna e natura, Bompiani, Milano 1997 e ancora J. Evola, Metafisica del sesso, Ed. Mediterranee, Roma 1969 (1958) nonché (si parva licet) il best-seller di J. Cray, Marte e Venere si corteggiano, Corbaccio, Milano 1999.
viii F. Alberoni, L’erotismo, op. cit., pp. 23, 62-64 e altrove.
ix La legge svedese del dicembre 1999 punisce il cliente con il carcere da sei mesi ad un anno. Nessuna sanzione è prevista per la donna quale che sia il suo comportamento.

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