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3.8.2 La fine del Temenos

Temenos era lo spazio in età classica riservato agli uomini, luogo materiale e simbolico dal quale le donne erano escluse. In questa separazione, in ogni separazione degli uomini dal mondo femminile è stata individuata una delle cause della deriva patriarcale del mondo. Non devono dunque e non possono più esistere luoghi vietati alle donne e infatti ogni spazio riservato agli uomini è stato abolito, si tratta di “...tutti i bastioni di ambiti riservati maschili che sono progressivamente caduti” pur se a valere in modo simbolico nel senso che quelli rimasti hanno ormai raggiunto l’insignificanza numerica.i Per la GNF questi sono luoghi di maturazione di sentimenti antifemminili, di elaborazione dell’ideologia patriarcale e di programmazione della violenza di Genere. Percepiti come veri e propri covi di misoginia dai quali gli uomini devono essere stanati, sono scomparsi. Si sa che tutti i Clubs inglesi hanno dovuto aprire alle donne e che nessuna istituzione, associazione o comitato possono essere riservati ai maschi. Anche le semplici riunioni di soli uomini, pur se casuali, sono condannate come originate dalla misoginia, è quel che accadde agli uomini della Sinistra italiana qualche anno fa quando ad una riunione informale in un luogo di villeggiatura si trovarono ad essere tutti maschi e furono prontamente strigliati dalle colleghe con quell’accusa infamante e imbarazzante per essi più ancora che per altri. Quel che vale sul piano sociale-materiale vale anche in tutte le rappresentazioni artistiche. Si sa che il politicamente correttoii impone ai registi l’uso del bilancino nella distribuzione dei ruoli e delle parti, non solo con riferimento alle componenti etniche, ma soprattutto rispetto ai due Generi tanto che si è giunti al punto di rappresentare sullo schermo persino donne brutali, violente e prevaricatrici …falliche

L’assenza o la presenza limitata delle donne nelle narrazioni è parimenti sanzionata come misogina, si tratti delle storie a fumetti dove, per esempio, Tex sopporta da sempre tale accusa o di capolavori della letteratura come Il Signore degli anelli prontamente corretta nella versione cinematografica con la presenza di una donna che provvede al primo salvataggio di Frodo in luogo dell’elfo Glorfindel.iii Non che qui né là le donne siano insultate o umiliate, è la loro scarsa presenza che suscita non il sospetto ma la certezza della misoginia, è però nelle istituzioni pubbliche che il fatto manifesta i suoi più profondi significati. L’esercito, tra tutte le istituzioni maschili, è da sempre quella che ha subìto gli attacchi più duri, non solo per ciò che provoca quando entra in azione ma, prima ancora, per quel che è: luogo di strutturazione della violenza, di applicazione rigida dei principi gerarchici maschili, di educazione alla brutalità. Il femminismo ha ottenuto che anche le donne, finalmente, possano entrarvi e assumere quelle funzioni che possono svolgere anche “meglio degli uomini”.iv Ora, se lo scopo fosse stato quello di ottenere la parità anche in questo campo, nulla avrebbe impedito di creare due sezioni dell’esercito, una maschile ed una femminile, nettamente separate dalla base al vertice, ma questa elementare soluzione non è stata adottata in nessun paese e non è mai stata neppure proposta. 

Le donne non hanno imposto l’istituzione di un’armata femminile ma hanno preteso di entrare in quelle esistenti come se il vero scopo consistesse nell’espugnare questo bastione maschile e infatti qui l’obiettivo non è dissimulato ma apertamente dichiarato. Sarebbe ridicolo immaginare che proprio il femminismo intenda rivendicare alle donne il “diritto” di morire in guerra al posto degli uomini e, peggio, a loro favore. Entrare nelle fila dell’esercito esistente non serve solo a coprire il fatto, che sta tra lo scandaloso ed il ridicolo, che il numero degli ufficiali e dei sottufficiali femmina è pari e talvolta superiore a quello delle soldatesse (come avviene in Italia) ma soprattutto a distruggere un ambito maschile riservato. Va da sé poi che questa promiscuità dà adito a denunce di discriminazioni di ogni genere ed occasiona il verificarsi di offese e molestie tanto vere quanto immaginarie da sommarsi alle altre come strumento dell’universale men-pushing, strumentalizzazione impossibile da praticare se gli eserciti fossero due. 

Ci si può chiedere per quale motivo i maschi tendano a creare delle riserve, ad avere luoghi da cui le donne sono escluse e lo facciano come se fosse un loro bisogno insopprimibile, presente ovunque e da sempre. Ma la definizione del bene e del male maschile non sta nelle mani degli uomini, oggi è di competenza femminile e la GNF ha stabilito che non deve mai più esistere alcun luogo separato. La sensibilità sul tema è acutissima e si invita alla vigilanza permanente contro questa tendenza maschile che si sospetta inguaribile perché è ben vero che i bastioni sono caduti ma: “Già altri se ne costruiscono. E se ne costruiranno di nuovi, senza dubbio, e di tipi che non possiamo ancora ipotizzare”.v

La pretesa delle donne di entrare nei luoghi e negli spazi maschili si fonda sulla percezione, corretta, che è sufficiente la loro presenza per esercitarvi un potere invisibile ed impalpabile ma reale. Non si tratta solo dell’esercizio di quello sessuale che le colloca immediatamente al centro dell’attenzione disarticolando le relazioni inframaschili, ma della distruzione del valore simbolico di quegli ambiti nei quali si forma una comunione spirituale tra uomini, unità che ha natura completamente diversa da quella biologica e che fiorisce attorno ad obiettivi del tutto ideali e immateriali. Si tratta di istituzioni che vengono al mondo a seguito di un atto fondativo di origine non biologica: “Il totem e le strutture sociali che da esso dipendono vengono ‘fondati’, nascono cioè con un atto spirituale, a differenza del gruppo matriarcale che è una vera unità biologica” chiarisce Erich Neumann,vi collettivi spirituali che formano un tipo di aggregazione specificamente maschile che confliggono però con l’interesse femminile e che per questo motivo devono essere vietati. “Il bisogno che le donne dimostrano di intrufolarsi in qualsiasi attività inventata e praticata dai maschi e la furia con cui scagliano l’accusa di maschilismo ogniqualvolta incontrano resistenze nascono dalla paura per ciò che non possono capire e praticare in prima persona e che avvertono come pericoloso in quanto luogo dell’autonomia del maschile. Impedendo l’unione spirituale fra maschi (o comunque tutto ciò che la ricorda) possono più facilmente isolare il singolo e ricondurlo sotto il dominio psichico della loro unione naturale”, scrive Armando Ermini.vii Questo obiettivo risponderebbe perciò ad un bisogno femminile profondo che anima una ansiosa inquietudine di fronte a un versante inattingibile del mondo maschile, per la stessa ragione però quegli spazi rappresenterebbero davvero un bisogno insopprimibile degli uomini. Due bisogni opposti dunque, in conflitto tra loro, di uno dei quali viene negata l’esistenza affinché diventi legittimo vietarne l’espressione. 

i F. Héritier, Maschile e Femminile - Il pensiero della differenza, Laterza, Bari 2000 (1996), p. 203.
ii La formula, oggi invasiva, è stata coniata nel 1975 da Karen McCrow, allora presidente del Now (National Organization of Women) massima associazione femminista Usa.
iii Al guado del Rombirivo, ultimo ostacolo verso Gran Burrone, Frodo viene salvato dall’elfo Glorfindel ma nella versione cinematografica si è sentito il bisogno di sostituirlo con una eroina (la principessa Arwen).
iv Affermazione del Ministro della Difesa A. Martino riferita alle marinaie e alle pilote(sse). Vedi, tra gli altri quotidiani, “La Repubblica”, 07.11.2003, p. 28.
v F. Heritier, Maschile e femminile, op. cit., p. 203.
vi E. Neumann, Storia delle origini della coscienza, op. cit., p. 138.
vii Armando Ermini, contributo al forum Maschiselvatici, 21.11.2002.

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