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3.5.3 Un solo racconto

Due persone che facciano le stesse esperienze e vivano la stessa storia devono produrre lo stesso racconto. Su questo principio banale si basano i confronti degli investigatori quando verificano le diverse versioni di due soci in malaffare, se le due versioni divergono almeno una è falsa. Il Dogma Centrale implica che non possono esistere due racconti e che, se esistono, uno dei due è falso; un solo racconto deve perciò valere per entrambi ed esso è la Grande Narrazione Femminista che in tal modo non narra solo la verità delle donne ma anche quella degli uomini. Questo aspetto è di capitale importanza, esso spiega la ragione per la quale gli uomini non possono costruire la storia della loro verità e manifesta l’utilità irrinunciabile del grande Dogma. Ragionando sul tema delle molestie una giornalista fece osservare all’allora ministro Livia Turco che vi sono donne che vanno in ufficio vestite in modo conturbante suggerendo che anche questi comportamenti dovrebbero forse essere presi in considerazione come poco rispettosi e quindi censurabili: “Ah..., ma quella è un’altra cosa”, ribatté il ministro. La Turco poté con pieno candore descrivere l’esperienza dell’Altro, parlare a nome degli uomini raccontando ciò che provano, ciò che devono provare e ha stabilito che il disagio maschile di fronte a calze a rete, minigonne e mutande è di altro ordine e grado rispetto, ad esempio, ad una battuta salace rivolta ad una collega. Se così non fosse il comportamento femminile dovrebbe tenere conto degli effetti che produce sugli uomini e regolarsi sulle esigenze maschili il che è oggi inconcepibile.

Questa operazione fu teorizzata e praticata direttamente dalla stessa de Beauvoir la quale già nella prima pagina del suo “Il secondo sesso” ne fa un uso quasi perfetto.i Quell’opera capitale infatti non inizia parlando delle donne, di quel che sentono, pensano, fanno, come ingenuamente ci si aspetterebbe e neppure di quel che fanno gli uomini, bensì di quel che essi pensano, sentono e provano. Uno dei più importanti testi del femminismo inizia descrivendo l’interiorità maschile, si sostituisce agli uomini nel descrivere la loro esperienza, senza pudore; allo stesso modo la Turco non parlò dell’esperienza femminile nel portare vestiti succinti ma di quella maschile nel vederli e lo poté fare senza tema che alcuno insorgesse rivendicando agli uomini la titolarità della loro esperienza ed il giudizio sulla gravità del male che li colpisce. 

Poiché siamo naturalmente uguali, nel momento in cui io (donna) conosco i miei desideri conosco anche i tuoi, sento le mie passioni e insieme anche le tue, percepisco i miei bisogni e quindi anche i tuoi. Non vi è alcuno spazio logico, non vi è più la possibilità che esista un racconto diverso dal mio, eventuali difformità avranno origine storico culturale e quindi ciò che tu senti, ciò che tu provi non è difendibile, le tue sofferenze non mi sono opponibili: siamo uguali, perciò tu devi.

Al Principio di Cultura il femminismo non può rinunciare perché quel grande Dogma gli assicura la possibilità scientifica e la liceità morale di modificare la struttura interiore degli uomini, di procedere alla loro conversione ossia all’adeguamento della personalità maschile sino a che sia resa rispondente, congruente e conforme alle determinazioni femminili. Il solo racconto maschile oggi possibile è quello che non contrasta con gli interessi delle donne e ne rispetta tutti i valori, potrà perciò essere costruito indifferentemente tanto da quelli che da queste giacché non sarà altro che una sottoparte della GNF. Poiché il bene ed il male vanno sempre riferiti ad una forma vivente, una volta eliminate le differenze naturali tra i due, assunto cioè che esista una sola forma vivente, non vi sarà spazio che per una sola etica, quella Femminista.

i S. de Beauvoir, Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano 1999 (1949).

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