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3.2c.6 Diritti riproduttivi

Come è risaputo i maschi d’Occidente non hanno voce in capitolo nella decisione più importante della loro vita, tanto che parlare di diritti riproduttivi maschili suona semplicemente beffardo. Meno ancora, i maschi stessi non capiscono a cosa ci si riferisca poiché non riescono ad immaginare in cosa potrebbero consistere questi loro fantomatici “diritti”. Sino all’avvento dei contraccettivi e alla legalizzazione dell’aborto si può dire che nessuno dei due possedeva alcun diritto riproduttivo nel senso che non esisteva la possibilità di scelta ed i figli arrivavano secondo la casualità naturale. E’ vero che esistevano da una parte   come prevenzione   i preservativi (presenti già in età classica) la cui diffusione era però assai limitata e dall’altra   come rimedio   l’aborto clandestino e l’infanticidio. Ma non vi è alcuna possibilità di dichiarare l’esistenza di “diritti” prima degli anni Sessanta, fu allora che nacque la pillola anticoncezionale femminile e che, progressivamente nei diversi paesi, venne legalizzato l’abortoi e fu così che nacquero i diritti riproduttivi femminili, quella possibilità di scelta che non ha mai riguardato gli uomini. 

La pillola, che consegnava alle donne il potere di decidere non solo della propria vita ma anche di quella del maschio, e l’aborto, che da subito escludeva radicalmente il padre da ogni decisione, mettevano nelle mani delle donne il diritto di imporre paternità non volute e impedire paternità desiderate. Nel momento in cui le donne rivendicavano il potere sulla scelta più importante della loro vita in quello stesso istante lo negavano agli uomini come fosse la cosa più naturale del mondo. Non si levò una sola voce a denunciare lo scandalo di una simile situazione.

L’esclusione dei maschi da quella decisione fu considerata ovvia e naturale, un atto dovuto: non vi fu cane che abbaiasse. E’ vero che tanto la pillola quanto l’aborto furono e sono duramente osteggiati dalla Chiesa, è vero anche che la Destra era ed è decisamente contraria all’aborto, ma queste opposizioni non si fondano sulla difesa del potere maschile in campo sessuale, non mettono al centro della questione il simmetrico diritto maschile alla scelta, altre sono le ragioni, altri gli scopi. Chi cercò sui media e nelle riviste, nella saggistica e nella pubblicistica di quegli anni un richiamo ai diritti degli uomini, un solo riferimento alla gravità assoluta di quella loro esclusione non trovò una parola, un accenno, un quale che fosse lontano riferimento alla esiziale lesione della posizione maschile. Non vi fu filosofo, sociologo, antropologo che percepisse l’immediata subordinazione dell’intero Genere alle scelte dell’Altra su un punto di capitale importanza, né vi fu psicologo che avvertisse i danni profondi alla figura paterna che ne derivavano, e che non sarebbero tardati a venire, ed alla maschilità in quanto tale nell’ordine simbolico. La più stupefacente miopia si impadronì di tutti gli uomini che, gettata la spugna, compirono il più sorprendente ammutinamento che si potesse immaginare: l’abiura del proprio ruolo nell’ordine naturale ed in quello simbolico. Nessuno vide, nessuno parlò, accadde anzi il contrario. 

La pillola venne descritta come invenzione maschile mirante ad assegnare alle donne tutto l’onere della scelta, un modo con cui gli uomini si lavavano le mani di fronte alle conseguenze dell’attività sessuale; perché non avevano inventato il “pillolo” anziché la pillola? L’aborto venne descritto come esperienza dolorosa, scelta carica di responsabilità che le donne mettono in atto a rimedio della leggerezza e dell’egoismo maschili o a causa delle condizioni sociali (dovute al potere maschile) che impediscon loro di portare a termine quella gravidanza che, in assenza di impedimenti, certamente concluderebbero naturalmente. L’altra faccia di questa novità, il potere sugli uomini, non fu vista. Non si osò nemmeno ipotizzare che i maschi, messi in balìa delle scelte femminili avrebbero dovuto avere almeno il diritto di disconoscere le paternità estorte con la frode e che, a fronte del diritto femminile di disconoscere la maternità tramite l’aborto, doveva esser costituito un pari diritto maschile. Questa cecità assoluta solo recentemente ha iniziato a snebbiarsi. 

L’aborto si aggiunse al diritto all’anonimato al parto per le nubili mentre si incrementò l’impunità di fatto dell’infanticidio compiuto dalle madri. Tre modalità diverse con le quali la donna disconosce la maternità prescindendo dalla volontà del partner, quando invece sceglie di tenersi il figlio, nello stesso istante lo impone al padre per sempre esercitando il diritto di determinare non solo la propria vita ma anche quella del maschio. Quel Genere che ha fatto dei diritti universali e del rispetto universale la propria bandiera ha tolto agli uomini il diritto di parola sulla decisione più importante, la sola irreversibile della loro vita; per far ciò ha stabilito che non si tratta di diritti ma di pretese. 

La storia di questo non scandalo (perché in realtà non scandalizza nessuno) è costellata di fatti i più inverosimili. Le donne hanno il diritto di tenere nascosta al partner la gravidanza e di abortire a discrezione e se non abortiscono hanno quello di nascondere la nascita del figlio per anni, per decenni, per poi presentarsi al padre, magari già con altra famiglia a carico, esigendo il mantenimento del figlio a far tempo dalla nascita, brandendo la spada dei doveri paterni dopo avergli negato persino il diritto di sapere di essere diventato genitore. Quanto all’imposizione della paternità (mezzo milione di maschi americani se la vedono imporre ogni anno) essa ha superato ogni possibile immaginazione giacché è fondata sul principio che dove si provi che il concepimento è biologicamente dovuto ad un tal uomo a lui può essere imposta la paternità a prescindere totalmente dal modo con cui è avvenuto, estorto con la frode o praticato con l’inganno, non fa differenza.

i In Italia nel 1978 (L. 22.05.78 n. 194). Quanto alla pillola, ancora nel 1978, nel pieno della “rivoluzione sessuale”, la usava solo il 3,5% delle italiane. Nel 1983 il 7,5 %, nel 1988 l’11%, nel ’93 il 17,4%, nel ’98 il 20,1% e raggiungeva il 22,3% nel 2002. Solo all’inizio del XXI Secolo l’uso di anticoncezionali femminili ha raggiunto, nell’insieme, quelli maschili purché vi si ricomprendano anche i metodi naturali il cui controllo è femminile ma la cui applicazione è di entrambi (F/ 50,1% contro M/ 49.9%). Escludendo questi, però, ancor oggi la prevenzione vede i maschi in testa: M/ 53,3 contro F/ 46,7%. In particolare il preservativo supera ancora la pillola: 24,5% contro 22,3%. Dati completi del 2002 (su cento): F/ pillola 22,3 - Iud 13,7 - diaframma 1,2 - spermicida 0,5 - metodi naturali 3,4. M/ profilattico 24,5 - coito interrotto 18,6. F&M/ nessuno 15,7 - non necessita (sterilizzazione M/F) 0,1. Fonte Aied - Roma 15.01.2004. Informativa diretta del Presidente dr. Luigi Laratta, che ringrazio vivamente. Altre fonti (“Corriere della Sera - Corriere del Veneto”, 22.02.2003, p. 5.) danno al 19,1% (nel 2002) la quota dell’uso della pillola il cui contributo al cambiamento dei costumi degli anni Sessanta/Settanta è perciò una leggenda (almeno in Italia, paese agli ultimi posti per utilizzo).

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