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3.5.1. Origine e scopo

Non è stato il femminismo ad inventare il Principio di Cultura che invece preesisteva come verità inconfutabile della Sinistra, non solo marxista, che aveva codificato una prospettiva già presente nel pensiero illuminista, creato in opposizione ai nemici del Progresso che, a loro volta, brandivano il dogma speculare della naturalità assoluta degli umani. Le ragioni della sua adozione sono evidenti, tutti coloro che si oppongono al mutamento sociale, tutte le ideologie conservatrici fondavano (e fondano) le loro ragioni sulle diversità naturali tra individui, classi, popoli, razze e sessi, su uno speculare Principio di Natura, un’altra verità inoppugnabile, un altro Dogma e la lotta per il mutamento del mondo non poteva nemmeno essere pensata senza la demolizione di quel principio. Va da sé che entrambe le parti, ingenuamente, non considerano questi opposti dogmi come verità strumentali ma come affermazioni fondate sulla scienza, e quindi incontestabili, giacché ognuno, per credere in se stesso, per andare avanti nella vita deve rendersi cieco di fronte alle vere fonti del suo pensiero nascondendo a se stesso il fatto di essere egli stesso il creatore delle verità in cui crede.

Il Dogma Centrale trova la sua originaria ragion d’essere nel fatto che le esclusioni delle donne dalla vita socio politica e culturale venivano giustificate sulla base di diversità naturali fondamento di tutte le differenze e perciò di tutte le discriminazioni tra le classi, popoli e sessi. Valga per tutte l’affermazione perentoria di Schopenhauer: “...il sesso maschile ...()… grazie alla preponderanza delle sue energie mentali e fisiche è per natura il detentore di tutti i beni terreni”.i Per combattere quelle esclusioni, per liberare la donna dai vincoli, parve necessario e venne spontaneo adottare il principio simmetrico dell’assoluta eguaglianza naturale sulla base dell’idea che il fatto (l’esclusione) derivasse dalla giustificazione, mentre è banale che questa è sempre venuta dopo il fatto. In quelle culture tradizionali nelle quali i maschi si danno alla caccia ed alla guerra e le femmine alla cura dell'orto non esiste alcuna “giustificazione”, alcuna teorizzazione, alcun dogma naturalista da abbattere e già questo prova che si tratta di un pretesto. Se gli oppositori del femminismo storico non avessero usato la “natura” per giustificare lo stato di cose precedenti questo non avrebbe avuto bisogno di adottare quest’altrettanto “scientificamente fondato” dogma. Per molti decenni del XX Secolo la nuova ideologia non ha fatto altro che usarlo nello stesso modo adoperato dalla Sinistra, con gli stessi scopi e con gli stessi effetti, disarmare ideologicamente i nemici del mutamento, gli avversari del progresso. Un simile principio si rivelò però ben presto di utilità incomparabile per una operazione del tutto nuova e precisamente per negare la verità di qualsiasi parola maschile che abbia per effetto quello di impegnare e responsabilizzare le donne, di limitarne il comportamento, per impedire dunque agli uomini di raccontare la loro verità e gettarla invece nei cassonetti della falsificazione. 

Per negare legittimamente all’altro il diritto di raccontare la sua esperienza, o, il che è lo stesso, per rendere lecito davanti ai miei ed ai suoi occhi l’uso di quei quattro cassonetti nei quali getto ciò che egli dice di sé, mi torna utile negare che tra noi esista una differenza naturale, originaria e perciò irriducibile, diversamente non potrei definire falso e strumentale il suo racconto in quanto io non sarei lui, non vivrei, non sentirei, non soffrirei come lui, non avrei i suoi desideri, i suoi bisogni, le sue pulsioni. Volente o nolente sono dunque costretto a negare che tra me e lui ci siano quelle differenze incolmabili che renderebbero incommensurabili i due racconti per poter così negargli il diritto di definire cosa sia bene e cosa sia male per lui, di parlare dei suoi diritti e quindi dei miei doveri. “Per millenni ci hanno fatto credere che esistessero differenze biologiche tra i sessi”,ii invece non esistono differenze naturali e perciò non esistono pulsioni, sentimenti, desideri, passioni, paure, sensazioni diverse e quindi mali e sofferenze diverse. Non esistono bisogni e predisposizioni, inclinazioni e sensibilità differenti né, di conseguenza, aspettative e attitudini o doti e abilità diverse. Pregi e difetti, talenti e potenzialità sono precisamente gli stessi e niente appartiene all’uno che non appartenga anche all’altra. Non esistono quelle diverse determinazioni e caratteri per riferirci ai quali useremo unitariamente il latino qualitas (al singolare). Tutto ciò che li fa diversi è la cultura, l’educazione e dunque tutti i bisogni maschili che incidano sulla relazione non hanno alcun fondamento e se ne può prescindere. 

i A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, Adelphi, Milano 1981 (1851), p. 494.
ii D. Fortunato, Amore e potere, op. cit., p. 49. E’ una citazione che si può pescare da qualsiasi saggio di qualsiasi femminista, una vale l’altra. Si noti l’ambiguità del termine ‘biologico’ che pure non può riferirsi all’anatomia o alla fisiologia ma alla psicologia che da quelle è orientata.

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