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3.3.16 Ipersensibilizzazione

Uno tra i tanti obiettivi del femminismo consiste nell’insegnare alle donne ad essere attente, sempre più attente a quel che succede nei loro confronti, a quel che gli uomini dicono e fanno nei loro riguardi, e cioè contro di esse, a sondare ogni risvolto, a cogliere possibili offese dietro ogni gesto e nella trama di ogni relazione. E’ quella sensibilizzazione al male subìto che si esprime in svariati modi e che, macroscopicamente, si manifesta nell’incremento delle denunce che tuttavia, per definizione, non rappresentano che una minima parte delle violenze subite, la punta di un iceberg. L’idea da cui si parte è che millenni di soprusi le abbiano rese insensibili al male subìto e che sia perciò necessario incrementare, autocoltivare questa sensibilità, in modo che non vi siano più torti, offese, cattiverie, ingiurie, insinuazioni, malignità, maltrattamenti, discriminazioni, insulti e oltraggi non rilevati e impuniti. Nessuna lesione grande o piccola, diretta o indiretta, esplicita o inespressa che passi sotto silenzio e resti senza sanzione: è la “tolleranza zero”. 

Il femminismo ha insegnato alle donne ad offendersi, a farlo sempre più profondamente e per un numero sempre maggiore di parole, di gesti, di atteggiamenti, per motivi sempre più immateriali, sempre più sfuggevoli ed imprevedibili. Ha insegnato alle donne a considerare molesto oggi ciò che ieri non lo era, a vedere la possibile offesa dietro ogni risvolto, dietro quasi ogni parola, a considerare la possibile lesione della loro dignità dietro ogni tono, ogni sfumatura del linguaggio verbale (e non verbale) degli uomini. Ha insegnato la rimemorazione non solo di quel che fu male, ma anche di quel che sembrava bene e che fu vissuto positivamente o con indifferenza. Ha insegnato ad indagare se e quanto e quando e come dietro le parole ed i gesti dei padri, dei mariti, dei fratelli, dei colleghi, dei capiufficio di due, dieci, vent’anni prima, vi fosse un qualche aspetto, una qualche possibile ombra di sconsiderazione, di maltrattamento, di ingiuria, di molestia, cosicché quel che fu sperimentato in forma positiva, quel sentimento che fu vero in quel momento ora subisca una diversa lettura e diventi falso. Ha insegnato a rivisitare le proprie esperienze sessuali per vedere se mai vi sia stato un momento in cui si siano sentite sollecitate, pregate, spinte o in qualche modo incalzate psicologicamente o emotivamente, direttamente o indirettamente e quel che fu forse ritegno, prudenza o cautela superate dalle lusinghe, dalla forza degli affetti o semplicemente degli ormoni, diventi ora prova di una volontà contraria che non osava manifestarsi e perciò stupro. Il numero e il tipo di offese che le donne percepiscono, dunque il male del mondo, è in espansione.

Le denunce antimaschili hanno mostrato ormai una tale stravaganza di tipologie che persino alcune femministe sospettano che si sia superata la soglia della giusta sensibilità e si stia invece raggiungendo l’isteria. L’ipersensibilizzazione produce l’effetto di aumentare il numero degli oltraggi percepiti e perciò subiti e quindi veri, esito dell’eterna misoginia come anche della recente rivolta maschile contro il nuovo potere femminile. Ecco dunque lo sconcertante ma utile paradosso. Al crescere della sensibilità femminile deve cresce proporzionalmente il male vero, l’odio vero, il disprezzo vero degli uomini per le donne. Tanto maggiore è il male sentito, tanto più grande deve esserne la causa, perciò, per assurdo, se mai accadesse che tutti i gesti e tutte le parole di tutti gli uomini venissero percepiti come offensivi, ciò non sarebbe prova del rancore e della volontà femminile di giungere alla resa dei conti finale, ma, al contrario, di un male immenso perpetrato con ogni gesto da tutti i rappresentanti del genere maschile. Se anche si giungesse alla definitiva criminalizzazione universale di ogni comportamento maschile, questo male subìto dagli uomini sarebbe rovesciato e contrabbandato nel suo contrario. E’ già così. 

Tutte le denunce femminili entrano infatti nelle statistiche del male patito dalle donne, ivi comprese quelle totalmente inventate (dettate dal risentimento) che accompagnano le separazioni. Le false accuse di abusi sui figli, ad esempio, portate in tribunale dalle ex quasi di routine, sono parte integrante di quelle che si riferiscono a fatti davvero accaduti, non vi è distinzione tra queste e quelle, giacché non vi è interesse a distinguere, al contrario. Le une vengono sommate alle altre e il male patito dagli uomini falsamente accusati viene rovesciato ed entra, incredibile visu, nelle statistiche di quello subìto dalle donne. La falsa accusa, anziché colpire la calunniatrice, fa somma e colpisce due volte il calunniato.

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