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3.7.6 L'Affido congiunto

In alcuni paesi, tra cui la vicina Francia, le associazioni dei padri separati hanno ottenuto, dopo due decenni di battaglie, l’istituzione dell’affido congiunto, che prevede la parità nella posizione dei due rispetto alla prole. Sembra un fatto sconvolgente, eppure esso non comporta alcuna ridefinizione del ruolo dei genitori, non ne modifica la posizione limitandosi invece a confermarli nella collocazione che avevano quando erano insieme, esso stabilisce semplicemente che la separazione non comporta alcuna modificazione nei rapporti con i figli, genitori erano e genitori restano. Non esiste dunque alcuna assegnazione di diritti e di doveri diversi da quelli che natura, etica e legge assegnano ai due alla nascita dei figli. ‘Affidamento congiunto’ significa semplicemente fine di ogni affidamento e ripristino della condizione originaria, significa reintegrazione della paternità. Ci si dovrebbe attendere che il femminismo e le donne in generale che accusano gli uomini di disinteresse e di assenza nella cura e nell’educazione dei figli siano più che mai favorevoli a questa modifica, ma, come era prevedibile, così non è. Le motivazioni di questa opposizione sono le più disparate e, sotto il pretesto del bene dei figli (un alibi formidabile), sono tutte fondate sulla scontata incapacità maschile di far loro spazio nell’organizzazione del quotidiano, sui disturbi arrecati al ménage della madre senza alcuna contropartita (“intrusione nella vita privata”) sulla impossibilità di coordinare i rapporti, sulla necessità di impedire il perpetuarsi delle “iniquità coniugali”i oltreché di proteggere la madre da quella violenza cui col divorzio tentava di sottrarsi. Una nuova lista di capi di imputazione antimaschili a copertura di una banale ovvietà: la perdita del potere, la riduzione della possibilità di ricatto, la fine della gestione economica esclusiva, la reintegrazione del padre in quel ruolo che mai avrebbe dovuto essergli sottratto. Ce n’è abbastanza per giustificare la più robusta delle opposizioni, cui si aggiunge, bisogna pur dirlo, quella del corpo forense che vede minacciato il contenzioso e quindi le parcelle. 

Certo, l’affido congiunto in realtà già esiste, come strada alternativa a quello materno, e viene anche applicato se e quando il maschio dimostri di essere degno di tale ruolo, prova che alle madri non è richiesta e che né l’una né l’altro dovettero fornire alla nascita del figlio. Per non esserne all’altezza è sufficiente una grave malattia che però non è un buon motivo per liberarlo dalla corresponsione degli alimenti e dell’assegno né per conservargli l’abitazione di proprietà esclusiva. Così sentenziano i tribunali maschilisti.ii

i M. Barbagli e C. Saraceno, ivi, pp. 135-136.
ii Affetto da sclerosi multipla giudicato abile al lavoro, in grado di trovarsi altra abitazione e di garantire il mantenimento ma non idoneo all’affido congiunto. Sentenza del Tribunale di Catania del giugno 2003. Caso segnalato dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (da www.alfemminile.com), 05.07.2003.

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