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2.7.7 Il male inesistente

Il femminismo mira esplicitamente a rovesciare i valori, a modificare psicologia e sentimenti degli uomini come condizione del cambiamento del mondo. Identità in crisi, incertezza sul proprio valore, percezione di arretramento della propria posizione sono effetti non solo inevitabili, ma necessari ed attesi e devono essere letti nel solo modo possibile, come sofferenza che ogni detentore di un privilegio sente nel momento in cui le sue prerogative vengono meno e il suo potere viene aggredito. Tutto ciò era stato previsto, la resistenza maschile era scontata così come la correlata lamentazione dal momento che non si è mai visto nessuno perdere i privilegi senza fare resistenza e gridare al sopruso. Allora egli denuncerà come costrittiva ogni conquista femminile, offensiva ogni stigmatizzazione del suo modo di comportarsi, di pensare e di essere, “violazione” dell’anima ogni pressione che finalmente incida nell’altezzosa considerazione che ha di se stesso, “oltraggio” ogni intervento correttivo sulla sua psiche e “manipolazione” l’azione di rigenerazione interiore condotta nei suoi confronti. Percepirà come limitazione del suo comportamento quella che invece è semplicemente la nuova libertà dell’Altra, si sentirà oscurato dall’avanzare dell’immagine di lei, lo percepirà come un’umiliazione e lo denuncerà come un abuso. Temendo il nuovo potere, la nuova forza femminile, sentirà come lesivo della sua dignità ogni avanzamento delle donne, sarà irritato da ogni nuovo dato che ne metta in evidenza l’importanza storica, l’assoluta indispensabilità. Cacciato dal centro del mondo ne soffrirà profondamente e denuncerà tutto ciò come usurpazione, offesa e denigrazione, tenterà di trasformarsi in vittima e tale si sentirà davvero e in buona fede.

In questo quadro che valore possono avere le parole che raccontano il male degli uomini? Patetiche lamentazioni. In cosa potranno mai consistere i “diritti” che i maschi rivendicano se non nella difesa degli antichi privilegi? Così si espressero le femministe francesi di fronte alle rivendicazioni di Condition Masculine, associazione dei padri separati d’Oltralpe quando rivendicavano l’affido congiunto: “Il vostro scopo è solo quello di limitare i vostri doveri”. La sofferenza maschile, per la parte in cui è vera, è inevitabile e necessaria, prevista e scontata e ci sarebbe da stupirsi se così non fosse. Ora, poiché ci si può rendere colpevoli solamente invadendo il territorio altrui, una volta rimossi i segnali che lo delimitano il concetto stesso di invasione viene meno e l’invasore smette di essere tale: egli non viola alcun confine perché semplicemente non vi è più alcuna frontiera. L’innocenza femminile trova allora un nuovo fondamento e diviene assoluta, incondizionata, indefettibile. La storia del genere femminile, in quanto storia di sofferenze ingiuste, attribuisce alle donne lo statuto di vittime, collocandole in una posizione morale sovraordinata ed inattaccabile: “Non si tratta dell’innocenza relativa dell’essere umano fallibile per natura, bensì dell’innocenza assoluta come statuto ontologico, l’innocenza dell’angelo che mai può peccare”.i In questa posizione l’azione femminile non è più solamente l’esercizio di una contabilità pregressaii che sommando i torti subiti per millenni immette le donne nella condizione di creditrici illimitate, titolate ad esigere un risarcimento senza fine per il quale nessuna compensazione è più sufficiente, quella storia colloca la donna in un’altra dimensione etica, quella di colei che incarna finalmente la verità ed il bene universali sulla cui base può e deve essere fondata l’Etica Femminista.

i P. Bruckner, La tentation de l’innocence, Ed. Grasset & Fasquelle, Paris 1995; citazioni dall’edizione spagnola La tentación de la inocencia, Anagrama, Barcellona 1996, p. 130.
ii Non solo morale e pregressa ma anche economica ed attuale in quanto “Gli uomini, per il semplice fatto che esistono, hanno un costo sociale molto superiore a quello delle donne, soprattutto nella fascia giovanile” in E. Gianini-Belotti, Apri le porte all’alba, Feltrinelli, Milano 1999, p. 182. Si tratta di costi derivanti dal numero dei delitti, dal mantenimento del sistema carcerario, dal parassitismo domestico, dagli incidenti stradali, dalle manifestazioni sportive, dai problemi creati dagli immigrati maschi, dall’esercito, dal vizio maschile di fare pipì in strada.

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