Top Slide Menu

3.5.14 "Psicologicamente portate"

Mai il termine natura figura nel discorso femminista se non virgolettato giacché quella non esiste. La negazione delle differenze naturali torna buona quando si deve negare il racconto maschile ed anche quando si incontrano quelle caratteristiche femminili che sono giudicate negative perché in tal modo se ne attribuisce subito la causa alla società maschilista. Ad esempio, nel caso del superiore conformismo femminile, cosa che non si riesce a negare, se ne attribuisce senz’altro la causa alle aspettative sociali come fa ad esempio A. M. Faina nel suo “Il conformismo”i nel quale sostiene che se le donne sono più conformiste (ammesso che si tratti di un carattere del tutto negativo) ciò dipende dalla deformata educazione che hanno subìto, viceversa il postulato diventa controproducente quando si parla delle specificità femminili positive, di quelle qualitas che hanno assicurato la salvezza del mondo e che devono determinarne il futuro. Quel poco di cattivo che c’è nelle donne è di origine culturale, ma il buono da dove verrà? Se le diverse e superiori qualitas femminili sono di origine culturale come si può affermare che siano ‘femminili’? Il linguaggio offre infiniti modi per affermare senz’altro una cosa senza negare il suo contrario, per sostenere una tesi nascondendone i necessari presupposti ed in ciò le donne non sono certamente meno abili degli uomini. Ecco dunque un esempio, a valere per tutti, di come sia possibile, e persino facile, affermare decisamente l’esistenza di differenze naturali senza al tempo stesso entrare in conflitto con il Dogma Centrale. 

Nel suo “I sessi sono due” la citata Fouque sostiene che le donne sono portate all’accoglimento dell’altro, all’apertura verso l’universale, all’accettazione di quanto è estraneo, alla relazione aconflittuale con il mondo e rinviene nella gestazione la scaturigine di questo positivo orientamento. La gestazione è una facoltà naturale e specifica del sesso femminile acquisita filogeneticamente, verità per nascondere la quale è sufficiente parlare di “differenze psicologiche” tra i due in modo tale che quella differenza rimanga senza origine. Nondimeno si tratta di una dotazione femminile di portata capitale, tale da garantire la possibilità di fondarvi una nuova etica, la gestazione infatti vi viene definita “principio e origine dell’etica”, parametro di riferimento del bene e del male. L’etica deve avere come riferimento il femminile perché le donne sono “psicologicamente portate alla tolleranza, sono nemiche della xenofobia, sono le portatrici dell’esperienza della gestazione e perciò sono orientate all’ospitalità, all’apertura, alla rigenerazione: ne sono “psicologicamente portate”. 

L’intero progetto di un nuovo mondo   l’Etica Femminista   è fondato su un’affermazione autocontraddittoria, sulla negazione a se stesse della insostenibilità logica del Dogma Centrale ma l’insostenibilità è logica e questa appartiene a Noofera mentre qui siamo in quella dimensione nella quale delle contraddizioni non va tenuto alcun conto. Sono infiniti i modi con i quali si può affermare l’esistenza di qualitas femminili dissimulando al tempo stesso il fatto che in quanto tali non possono che essere di origine filogenetica, lo “psicologicamente portate” può essere sostituito da “emotivamente orientate”, da un generico “disposte a” o da una serie di apposizioni qualificative di un qualche carattere positivo. Per lo più il sottostante riferimento alla natura viene celato affermando direttamente che “le donne sono più”, ovvero semplicemente “le donne hanno”, “le donne sono”; certo, è possibile che la qualità predicata sia vera, ma ne deve restare indeterminata l’origine. 

Su questa indeterminazione è fondata l’intera etica femminista e su una base altrettanto solida e coerente quella “femminologia” (un nome diverso per la stessa cosa) di cui la citata Fouque è madrina. La contraddizione è una bugia vestita a festa; in questa menzogna vivono oggi gli uni e le altre e sulle sue basi si stanno gettando le fondamenta del futuro.

i A. Mucchi Faina, Il conformismo, Il Mulino, Bologna 1998, p. 23.

0 commenti:

Posta un commento

I messaggi anonimi non verranno pubblicati.
Inserire Nome nell'apposito campo