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3.5.7 Natura o cultura? What women want!

Il femminismo sta insegnando alle donne ad essere sempre più attente e sensibili a quel che accade attorno a loro, cioè contro di loro, tanto che alcune femministe dubbiose, quale Daphne Patai, si stanno chiedendo se, superato il limite della stessa ipersensibilità, si sia ormai giunte all’isteria. Se si insegna alle donne ad interpretare come offensivi gesti e parole che potrebbero esser letti come lusinghieri si potrebbe allora spronarle nella direzione opposta a vantaggio della libertà di tutti e segnatamente degli uomini

L’ipotesi che la pressione femminista potrebbe andare nel senso opposto, verso la liberalizzazione del linguaggio e dei gesti, non è peregrina. Ancora negli anni Sessanta negli Usa erano in vigore leggi che punivano gli uomini che parlavano in modo sboccato in presenza di donne, vecchie regole, residui di una mentalità tradizionale che vedeva in esse il sesso della finezza e della signorilità, norme poste quindi a difesa della presunta maggior sensibilità femminile contro la notoria volgarità maschile, si trattava del ‘Mann Act’. Le femministe degli anni Sessanta denunciarono come paternalistica ed umiliante quella norma che venne presto abrogata. E’ chiaro l’assunto, le donne, in via di uscita dalla tutela maschile, rivendicavano il diritto di difendersi da sole e di poter, al limite, usare a loro volta un linguaggio non forbito senza tema di “decadere” con ciò da quell’immagine di pudica creatura che è espressione della convinzione maschile che le donne siano angeli o puttane. Una bella partenza davvero che andava nel senso della comune libertà, nell’ottica di una modernità assunta anche nei suoi aspetti meno eleganti ma se non altro schietta e sincera e quell’avvio si tramutava in una maggiore libertà per gli uomini benché non fosse questo il suo obiettivo. 

Come se una parabola storica si fosse compiuta ed un intero processo sociale si fosse rivoltato contro la sua (simulata e creduta) origine, in uno stupefacente rovesciamento delle ragioni e degli obiettivi dopo soli trent’anni centinaia di colleges statunitensi adottavano severi regolamenti non solo contro l’uso di parole sconce ma talvolta persino contro l’abitudine universale di raccontare barzellette cosa quest’ultima che non può essere creduta vera neppure da coloro che la stanno subendo.i Che cosa sia offensivo e cosa non lo sia, cosa risulti molesto e cosa no dipende dunque dall’evoluzione culturale, è un puro costrutto sociale, tanto che quel che non è molesto oggi forse lo sarà domani, quel che non lo è qui lo può essere altrove. Si illumina così l’intera questione femminista perché quel che vale per le molestie vale per ogni altro aspetto del sistema di valutazione dei comportamenti che il femminismo sta costruendo contro gli uomini, ivi compreso il rapporto sessuale e cioè lo stupro. La convenzionalità radicale di ogni costume, di ogni valore e di ogni sentimento è giurata dal Dogma Centrale ma si applica in una sola direzione perché quel che le donne provano qui ed ora non è soggetto ad analisi sulla sua origine, esso è il parametro del bene e del male a prescindere dalla sua nascita naturale o culturale; il vissuto femminile è ciò che condanna o assolve gli uomini in barba all’irrinunciabile Dogma. 

Il fatto che dietro la dichiarazione di assoluta culturalità dei due modi di essere si nasconda una incongruenza affiora qua e là come accade quando gli uomini, accusati di essere ossessionati dal sesso, ritorcono l’accusa affermando che sono le donne ad essere fredde e indifferenti suggerendo che non vi sono ragioni maggiori per giudicare eccessivo l’interesse maschile di quante ve ne siano per ritenere del tutto insufficiente quello femminile e che perciò non vi è motivo per premere contro di essi affinché si trasformino in un senso più di quanto ve ne sia nel pretendere che le donne lo facciano nell’altro. Ragionevoli considerazioni che però lasciano il tempo che trovano, giacché: “Sono gli uomini che devono cambiare, non noi!”.

i La motivazione risiede nel fatto, banale, che una buona quota delle barzellette si riferisce alla sfera sessuale e questo verrebbe percepito come indifferente solo dal 18,6 per cento delle donne, come molestia dall’80 per cento ed in alcuni casi addirittura come violenza sessuale (1,4 per cento), cfr. C. Ventimiglia, Donna delle mie brame, Franco Angeli, Milano 1992, p. 162, ricerca che fornisce dati secondo i quali le molestate rappresentano quote che vanno dal 20 (Irlanda del Nord) all’84 per cento (Spagna e Usa) e dove la centralità insindacabile del vissuto femminile è rivendicata come una conquista (pp. 15 e ss.).

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